di Andrea Koveos
Su 23 parchi nazionali presenti in Italia almeno la metà non ha provveduto a redigere il piano programmazione e gestione, il cosiddetto Piano parco. A cosa serve? E’ lo strumento principale di questi enti, il documento principe in cui vengono definiti tra le altre cose, indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull’ambiente e vincoli, destinazioni di uso pubblico e privato. Non può esistere un parco nazionale efficiente senza un Piano, non fosse altro perché lo impone la legge. Carenze e inefficienze segnalate dalla Corte dei Conti che dall’inizio del 2013 ha passato al microscopio le attività di quattro enti (l’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise; l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena; l’Ente Parco nazionale del Vesuvio; l’Ente Parco nazionale del Gargano).
Andiamo per ordine. Malgrado siano trascorsi più di venti anni dall’emanazione della legge quadro sui parchi nazionali, il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise non si è ancora dotato di tali strumenti di programmazione e gestione (atri Enti lo hanno elaborato in pochi giorni) e pertanto, gli stessi giudici contabili non possono che invitare ad accelerare per l’approvazione definitiva. Non basta. La Corte sottolinea un’altra criticità relativa all’eccesso di contenziosi che sono stati avviati contro l’Ente e che probabilmente si trasformeranno in ulteriori debiti. Come le competenze professionali, non pagate, per incarichi di patrocinio legale. Contenziosi che rischiano di mettere in difficoltà il parco, visto che non ci si è preoccupati di predisporre una posta cautelare, come la costituzione di un fondo rischi. Sul fronte delle uscite, quelle relative al personale assorbono una quota superiore al 64 per cento. Seconda voce per importanza è data dall’acquisto di beni e servizi (tra il 9% ed il 10%) mentre le prestazioni istituzionali non hanno mai raggiunto la soglia del 7%, un po’ poco per un parco così importante.
Per la Maddalena vale lo stesso discorso: a quindici anni dall’istituzione del Parco non sono stati ancora adottati gli essenziali strumenti di programmazione, il che non può non condizionare negativamente la gestione e la realizzazione degli obiettivi.
Le poste fondamentali della spesa sono rappresentate per il 48% dagli oneri per il personale, per il 23 % dall’acquisto beni di consumo e servizi e per il 21,1% da spese istituzionali. Il bilancio di previsione 2012, inoltre, prevede di chiudere l’esercizio con un disavanzo finanziario di 2 milioni di euro. Una cifra che ha messo in allarme lo stesso ministero dell’economia. Per il Vesuvio le cose sono diverse ma non meno gravi. Sul piano delle spese la tendenza è esattamente inversa a quella dell’Abruzzo. Le poste fondamentali della spesa corrente, sono rappresentate per il 15 % dagli oneri del personale e per il 69% per prestazioni istituzionali. Anche in questo caso non è stato ancora approvato, da parte dello stesso Consiglio Direttivo, ad oltre quattro anni dalla sua predisposizione, il Regolamento del Parco. Una delle gestioni più critiche è quella del Gargano. “Il Piano del Parco, pur deliberato dalla Comunità del Parco nel 2010 e confermato dal Commissario straordinario, risulta ancora in fase di approvazione presso la Regione Puglia. Anche il Regolamento ed il Piano Pluriennale Economico Sociale non sono stati ancora sottoposti alle procedure regionali per la loro approvazione”. La Comunità del Parco nel corso del 2011 non si è mai riunita. Il Consiglio direttivo è scaduto il 21 maggio 2008. La Corte, a riguardo, rileva l’assoluta anomalia, considerato che l’organo determina l’indirizzo programmatico dell’Ente definendo gli obiettivi da perseguire. Come se non bastasse, il parco del Gargano ha un’eccessiva disponibilità di soldi in cassa: nel 2011 quasi 15 milioni di euro. Come ci conferma Antonio Nicoletti di Legambiente. in un momento di ristrettezze economiche non utilizzare i finanziamenti a scapito di altri enti che ne avrebbero bisogno è un lusso che nessuno può permettersi.
Ma una cosa sono i parchi e un’altra sono gli enti parco. Questi ultimi costano allo Stato 60 milioni di euro e, purtroppo i difetti di alcuni rischiano di compromettere l’efficienza degli altri in un settore fondamentale per il nostro Paese.