Per ricordare i 650 mila morti italiani della prima guerra mondiale c’è il 4 novembre. Una giornata sola. Per la liberazione dal nazifascismo che ha causato 470 mila morti nel secondo conflitto, di cui oltre 153 mila civili, c’è il 25 aprile. Un solo appuntamento, il 27 gennaio, per le vittime dei lager, tra 15 e 17 milioni. Ma per il Coronavirus, attenzione, di giornate ce ne saranno ben due: una per i 33 mila morti di Covid-19 il 18 marzo e una, il 20 febbraio, per i medici che contro il Covid hanno combattuto. Ognuna con i suoi fan e sponsor, e ognuna con un ramo del Parlamento che se ne attesta il merito.
Una a me, una a te. Montecitorio vanta la primogenitura su una “Giornata per le vittime del Coronavirus” nata su proposta di Forza Italia, anche se la scelta del 18 marzo, giorno in cui i camion militari hanno lasciato Bergamo con il loro triste carico di bare, è arrivata dal Pd Maurizio Martina su ispirazione di Corrado Augias (che su Repubblica ha già rivendicato l’idea). Palazzo Madama invece punta sulla “Giornata dei camici bianchi”, proposta dal regista Ferzan Ozpetek e rilanciata, in prima battuta, dalla senatrice forzista Urania Papatheu. Poi al timone si è messa la presidente Maria Elisabetta Casellati che ha predisposto un suo testo, sottoscritto da tutti i capigruppo del Senato, “per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico e sanitario nel corso della pandemia da Coronavirus nell’anno 2020”.
Allarme Pd. A Montecitorio l’iniziativa della Casellati ha però molto preoccupato i tecnici delle procedure parlamentari. Idem al Senato. Due giornate, due, sul Covid-19? A quale delle due Camere spetterebbe la primogenitura (e la gloria)? Per evitare il rischio di un possibile conflitto Davide Parrini, segretario Pd della Affari costituzionali, aveva proposto un coordinamento tra i due presidenti, Roberto Fico e la Casellati. Ma nella seduta di martedì 26 maggio il presidente della commissione, il leghista Stefano Borghesi, ha alzato le mani: lady Casellati “non ha ravvisato il rischio di sovrapposizione tra i provvedimenti”. Anche la presidente della commissione Affari sociali di Montecitorio, Marialucia Lorefice, è olimpica: “Sono due temi diversi, con due date diverse. Non c’è ombra di conflitto”.
Avanti tutta con la spartizione, allora. I morti a Fico (compresi i medici?) e i medici (solo se vivi?) alla Casellati. La squadra della Camera sul 18 marzo è compatta, tanto che la commissione Affari sociali ha unificato in un attimo quattro diverse proposte di legge (Giorgio Mulè, Fi, Maurizio Martina, Pd, Elena Murelli, Lega, e Stefania Mammì, M5S). Al Senato invece la Papatheu si è messa di traverso, presentando ben tre emendamenti per recuperare lo spirito originario della sua proposta ed estendere l’omaggio del 20 febbraio a tutto “il personale medico, sanitario e del volontariato” senza limitarsi ai medici, come vuole il testo Casellati. Anche il Pd punta democraticamente all’allargamento, con una “Giornata nazionale dei professionisti e degli operatori sanitari, sociosanitari e socioassistenziali”.
Chi arriverà primo? Per il ddl sui camici bianchi, incardinato alla commissione Affari costituzionali del Senato in sede deliberante, l’approvazione è prevista in tempi rapidissimi. Più lenta la Camera: il testo, approvato all’unanimità dalla Affari sociali e inviato alle altre commissioni per il parere d’obbligo, andrà in aula a luglio. Il via libero definitivo dipenderà poi dall’altro ramo del Parlamento. Ma a quel punto, per evitare scortesie, una sincronizzazione dei calendari sarà d’obbligo.