Che la Commissione europea a guida Ursula von der Leyen abbia presentato il piano per la ripresa economica dell’Eurozona più ambizioso della storia dell’Ue è fuori di dubbio. Il fatto voglia finanziare il fondo Next Generation Ue con 750 miliardi di euro da reperire anche sul mercato è un passo enorme verso l’ integrazione delle politiche economiche dei paesi membri e la realizzazione di una coesione che non sia solo sulla carta. E i soldi previsti per l’Italia, anche al netto del contributo che il nostro Paese versa al bilancio Ue, non sono pochi. In ogni caso sono la fetta della torta più consistente in termini assoluti rispetto a quanto dovrebbe essere erogato agli altri Stati.
Non a caso lo spread italiano si è abbassato immediatamente, e non a caso, pur con tutte le cautele del caso – in attesa del vertice di ratifica del 19 giugno – nel governo italiano la soddisfazione è palpabile: “In Europa l’Italia aveva chiesto da tempo che si facesse uno sforzo straordinario e si mobilitassero delle risorse adeguate attraverso l’emissione di titoli comuni europei. Siamo fiduciosi che il risultato finale del negoziato, che ci vedrà impegnati con grande determinazione, sia all’altezza di quello di cui l’Europa ha bisogno. C’è un consenso largo sul fatto che occorre rispondere a una crisi con misure espansive, con investimenti, con un sostegno all’economia e all’occupazione e con risorse che devono puntare anche a farci fare dei passi in avanti”, ha commentato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Più cauto il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, consapevole che Il Consiglio europeo che si terrà il 19 giugno forse non sarà conclusivo per l’approvazione da parte dei capi di Stato e di governo del Piano di rilancio economico da 750 miliardi, ed è probabile perciò “che ci sia un altro vertice straordinario ai primi di luglio sotto la presidenza semestrale di turno tedesca per dare il via libera”. Gentiloni è infatti assolutamente consapevole che lo scoglio rimane sempre uno: la trattativa al ribasso che verrà portata pervicacemente avanti dai Paesi rigoristi del nord. La presidenza tedesca è sicuramente un fattore positivo per portare a buon fine i negoziati, la Germania ha avuto un ruolo importante nel fornire alla Commissione la base su cui costruire la propria proposta e, inoltre, secondo un sondaggio dell’Istituto Civey e pubblicato su Spiegelonline, oltre il 50% dei tedeschi ritiene giusto o molto giusto il Recovery fund lanciato da Bruxelles martedì scorso.
Non la pensa invece così il sovranista Viktor Orbán, che ieri ha definito il piano della Von der Leyen “assurdo e perverso, che toglie ai poveri per dare ai ricchi”, paventando così un inedito asse fra i rigoristi e i Paesi di Visegrad. All’Ungheria, in base alla ripartizione proposta da Bruxelles, andrebbe infatti solo una piccola fetta del Recovery: le spetterebbero 15 miliardi di euro, di cui 8,1 a fondo perduto e 6,9 in prestiti. Le motivazioni del premier ungherese quindi sono del tutto opposte a quelle dei quattro autodefinitesi “frugali” Austria, Danimarca, Svezia e Olanda. Che è la più agguerrita.
“L’Olanda si opporrà, è un Paese virtuoso e attento ai conti e l’opinione pubblica non vede di buon occhio il debito italiano”, ha affermato ieri mattina ad Agorà, su Rai Tre, Maarten Van Aalderen, corrispondente in Italia di De Telegraaf. A rendere più chiaro il concetto ci ha pensato poi un altro giornale olandese, Elsevier weekbland che in copertina ha pensato bene di rappresentare un nord Europa efficiente e produttivo, con due persone in tenuta da lavoro contrapposti ad un sud rappresentato da due che si riposano in vacanza. Il solito cliché insomma. E la solita lezioncina che dal ben noto paradiso fiscale dovrebbero risparmiarsi.