di Gaetano Pedullà
Sono tempi nuovi, per quanto incerti e perigliosi, ma pur sempre nuovi e dunque pieni di novità. Ma quello che si sta vedendo in questi giorni nell’economia italiana supera la fantasia. E forse anche il grottesco. Si è partiti con l’imprenditore Diego Della Valle che sconfitto da Fiat & C. nella scalata al gruppo Rcs prende carta e penna per scrivere al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e chiedergli di mandare a monte la partita. Come se il Quirinale – già deus ex machina indiscusso della politica nazionale, manco fossimo una repubblica presidenziale – potesse condizionare anche le regole di base di un’economia liberale e costringere gli azionisti concorrenti del signor Tod’s a farsi da parte dopo aver anche sborsato decine di milioni per l’aumento di capitale della società editrice del Corriere della Sera. Naturale la risposta di Napolitano, tra l’altro – pure qui, altra anomalia – avvertito preventivamente della scalata di Fiat al quotidiano di via Solferino con una telefonata di John Elkann. “Naturalmente non spetta a me alcun commento su questioni e proposte rimesse alla libera determinazione di soggetti economici e imprenditoriali e al giudizio del mercato”, ha risposto a stretto giro il presidente della Repubblica a Della Valle. L’imprenditore marchigiano ieri è stato anche convocato dalla Consob, che sull’intera scalata vuole vederci chiaro.
Ma a questa partita – a cavallo tra editoria, poteri forti, senso delle istituzioni quanto meno “creativo” – ne sta seguendo un’altra, altrettanto curiosa per non dire inedita e allarmante. Il presidente della Confindustria – un’associazione che rappresenta gli interessi di molte grandi aziende, ma contemporaneamente le responsabilità delle stesse nella grave crisi imprenditoriale ed economica che stiamo attraversando – Giorgio Squinzi, ha invitato per martedì prossimo i vertici delle nostre istituzioni a “passare a cena” per uno scambio di idee su come uscire dal tunnel. Una mossa mai vista. E non che siano mancati negli anni i tentativi delle associazioni imprenditoriali – di varia forza e grandezza – nell’invitare le istituzioni (per non dire nel condizionare le istituzioni) ma mai prima d’ora s’era visto che le massime cariche dello Stato accettassero e si recassero in pellegrinaggio a casa degli industriali, quasi a baciare la pantofola.
Se oggi la politica è così debole da consentire a Della Valle solo di pensare che le istituzioni possano sottostare a una richiesta di arbitraggio degna del miglior arbitro Moreno di una indimenticabile Italia – Corea rubataci nel 2002, allo stesso modo ci sono oggi poteri più o meno forti – e Confindustria ne è certamente uno – che possono decidere con leggerezza assoluta di convocare a casa le istituzioni del Paese. E queste istituzioni – cosa che è persino peggio – accettare senza porsi alcun dubbio sull’effetto che tale loro adesione può generare. Certo, il Movimento Cinque Stelle a furia di gridare al lupo! al lupo! ormai rischia di non essere preso più tanto sul serio. Ma quando dal movimento di Grillo si fa notare che recandosi a casa degli industriali si offre perlomeno il fianco a chi teme che industriali e istituzioni possano tornare a farsi le combriccole (se non a inciuciare o peggio), beh, non si pone una osservazione peregrina.
In tempi tanto difficili, dunque, le istituzioni dovrebbero perlomeno adottare più prudenza. E le stesse associazioni di categoria – che si tratti di organizzazioni datoriali come di sindacati dei lavoratori – non dovrebbero contribuire a mettere le stesse istituzioni in imbarazzo o con il piede così vicino al fallo.