di Massimiliano Lenzi
“Io capisco che si debbano favorire le scolaresche ma la proporzione che paghi un visitatore su due non può esistere. È troppa la quota del gratuito. Si possono fare biglietti ridotti e poi esiste il principio della compartecipazione. Quindi, facciamolo pagare, non molto, ma facciamolo pagare”. Giancarlo Galan, ex ministro dei Beni Culturali, anima liberale di Forza Italia, a cui vuol tornare il prima possibile (altro che Pdl) parla della rivoluzione copernicana necessaria per gestire, tutelare e valorizzare il nostro patrimonio artistico.
Partiamo da Diego Della Valle che ha puntato sul Colosseo. E facciamo adottare un monumento anche a Silvio Berlusconi. Quale?
“Per spirito campanilistico gli suggerirei l’Arena di Verona. Ma capisci il “problema”? in Italia ce ne sono mille di meraviglie così! Per cui, io dico l’Arena, ma c’è l’imbarazzo della scelta”.
Perché così tanti monumenti avrebbero bisogno d’interventi privati?
“Per una storia millenaria che ci contraddistingue. Una storia esclusiva, molto diversa dall’unico Paese a noi parzialmente paragonabile per ricchezza di beni culturali, la Francia. Ne ha molti meno di noi, pur avendo una storia che la favorisce, centralista. Quando Napoleone portava via i beni dall’Italia li portava a Parigi. Noi abbiamo una tradizione fatta di signorie, che ha portato ad avere 420 musei nazionali, quindi anche i paragoni che a volte facciamo tra il Louvre e gli Uffizi sono campati in aria”.
Questo per la storia: e le colpe politiche?
“Certo noi abbiamo le nostre colpe infinite. La nostra vera tragedia è la concezione statalista che la sinistra ha imposto al mondo della cultura”.
Sandro Bondi propone di affidare la gestione del patrimonio ai supermanager, lui quando era ministro ci provò con Mario Resca preso da McDonald’s. Concorda?
“In questo dissento dal mio amico Bondi. È vero che ai sovrintendenti noi chiediamo cose che non sono capaci di fare perché nella loro mission c’è la tutela. Però l’episodio che dimostra che non è giusta la sua soluzione è quello di Mario Resca. Negli anni in cui è stato alla direzione per la valorizzazione dei beni culturali non ha combinato nulla. Non c’è una sola cosa ascrivibile ai meriti di Resca, nonostante sia considerato un padre eterno, forse per gli hamburger, ma per i beni culturali no”.
Resca a parte, la figura del supermanager può servire?
“Macché super manager… La questione è culturale. Si dice, e dice pure Bondi: lasciamo ai sovrintendenti la tutela del patrimonio. Nominiamo dei manager per la gestione. Ma perché non farla gestire dai privati? La tragedia della cultura italiana è la concezione statalista per cui deve essere lo Stato ad occuparsi di tutto quello che avviene alla cultura, dalla tutela – che è giusto – alla valorizzazione, che è sbagliato, ed alla gestione che è sbagliato. Lo Stato ci deve essere il meno possibile. In una domanda: quanto si potrebbe mettere a disposizione della cultura italiana se si affidasse Pompei a Della Valle, per citare il più bravo. Io Stato tutelo, io Stato metto i limiti e mi fermo”.
Lo darebbe anche a imprenditori stranieri il nostro patrimonio da gestire?
“Va bene lo stesso. Preferirei italiani ma va bene”.
Come giudica l’attuale Ministro per i Beni culturali Bray?
“È una persona perbene ed ha alcune buone idee. Mi inquieta qualche volta – e gliel’ho detto – quando punta su concezioni troppo stataliste, quando vede come faro Settis invece di un’altra tradizione, più liberale. Ma pesa poco. Ed io voglio ricordare che il periodo breve in cui sono stato Ministro è l’unico in cui non ci sono stati tagli alla cultura. Quindi Bray deve sbattere i pugni sul tavolo, ha una grande fortuna anche perché è giudicato di sinistra”.
Perché è di sinistra…
“Ha pure questo vantaggio, io non l’avevo”.
Per fare la rivoluzione liberale rifarete Forza Italia?
“Io lo spero. Davvero”.