Stefano Bonaccini, il comandante che vinse nella Stalingrado italiana contro Matteo Salvini, è l’uomo del momento. Nel Pd ai tempi della pandemia è il giocatore più arzillo, ma soprattutto quello che gode di una certa considerazione presso il popolo della sinistra e lui fa ben poco per nasconderlo. Anzi. Ha appena dato alle stampe un libro dal titolo evocativo che è tutto un programma: La destra si può battere. Dall’Emilia Romagna all’Italia, idee per un Paese migliore (edizioni Piemme). Alberto Moravia nel lontano 1935 scrisse un libro, Le ambizioni sbagliate, che il governatore dell’Emilia Romagna dovrebbe leggere. È la storia di un giornalista che per raggiungere il successo sposa la figlia di un uomo ricco, ma appunto, il successo non lo raggiunge, perché non ha talento, ma solo un certo discredito sociale per la mossa palese.
Ora non è che Bonaccini non abbia talento, ma non ce l’ha per puntare così in alto: le ali sono attaccate con la cera di un successo maturato in condizioni particolarissime e il sole del potere irradia molto calore. Il governatore ha vinto non tanto per meriti propri ma perché ha coalizzato i voti contro il leader della Lega. Da qui a tentare la scalata a Roma ce ne passa parecchio. Tuttavia, questo non vuol dire che i meccanismi populisti che sono ormai alla base della nostra politica non lo premino come hanno fatto con altri proiettandolo nell’empireo ma, appunto, con ali attaccate con la cera e questo è un po’ il vero dramma della politica mondiale. E, per inciso, anche Luca Zaia un pensierino a Roma deve averlo fatto, sorretto dagli stessi meccanismi del consenso. Nicola Zingaretti, porta l’imprimatur della scuola politica di Togliatti alle Frattocchie ed è una vera anguilla. Chi ha cercato di ghermirlo è sempre rimasto a mani vuote e per di più appiccicose.
Anche Matteo Salvini pare ancora ben piantato sui colli della Città eterna. Tuttavia Bonaccini va seguito perché nell’asfittico mondo del Partito democratico è una delle poche realtà dinamiche e di fatto è quello che muove di più le acque, insieme ad Andrea Orlando che però è arroccato su dinamiche puramente conservative se non difensive. Ed infatti il governatore ha ammesso che ai tempi della sua rielezione qualche contatto – che allora aveva sempre sdegnosamente smentito – con il popolo dei pesciolini lo aveva avuto tramite una sorta di “ufficiale di collegamento” o di un non meglio definito “contatto” o anche “ragazzo in gamba”. A suo dire il volenteroso giovinetto faceva da raccordo tra il suo staff e il riccioluto capettino felsineo Mattia Santori. Poca roba eh – sembra dire Bonaccini – robetta, però sì in effetti c’era una connessione. Ed allora le domande sono due. La prima è, se questa connessione che a tutti sembrò allora evidente c’era, perché lui sempre la smentì?
La seconda è, come mai lo dice solo ora? E qui ci riconnettiamo al tema iniziale. Non è che Bonaccini sta arruolando e militarizzando le sardine nel suo manipolo di ardimentosi che vogliono, metaforicamente si intende, “marciare su Roma?”. Perché ecco, facendo un’altra citazione letteraria, Ennio Flaiano in Un marziano a Roma, dice che i romani si adattano a tutto e noi potremmo dire che anche la politica si adatta a tutto e dopo la sorpresa dell’ospite inatteso, cioè il virus, tutto sta tornando alla normalità compresi i vecchi e stantii riti del potere? Non è che il governatore, alto sacerdote di un basso culto, sta mettendo su un po’ di gente per ghermire il Nazareno? Perché, come diceva qualcuno a cui il mare procelloso della Democrazia Cristiana aveva insegnato tanto, “a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre si è nel giusto”.