di Massimo Magliaro
da New York
Il portavoce dell’Esercito é stato duro anche nei toni. Il col. Ahmed Ali, portavoce delle Forze armate, ha scandito assai bene le parole quando ieri pomeriggio ha intimato ai seguaci di Morsi di “smobilitare i sit-in” garantendo che coloro che accetteranno di sgombrare le piazze e le strade non verranno arrestati. Poi ha detto con la gravità tipica del momento: “Non saranno tollerate minacce alla sicurezza nazionale”.
Un ultimatum in piena regola. Verrà accolto? o bisognerà dare ragione al presidente russo, Putin, quando ha detto, non più tardi di 48 ore fa, che l’Egitto sta precipitando verso la guerra civile?
All’alba di ieri mattina nel quartiere Nasser, a ovest della capitale, un gruppo armato di seguaci di Morsi ha provato a dare l’assalto alla sede centrale della Guardia repubblicana, il corpo d’èlite che ha come funzione la difesa delle più alte istituzioni egiziane, luoghi, persone e simboli.
E’ divampata una sparatoria. Non si sa ancora chi ha tirato il primo colpo. Per questo il presidente ad interim, Mansour, raccogliendo la richiesta subito avanzata dal premio Nobel Mohammed ElBaradei, ha ordinato un’inchiesta per accertare le responsabilità.
Il bilancio é pesantissimo. Al momento in cui scriviamo si parla di 51 vittime accertate. Altre fonti parlano di 53 morti, altre di 57. Una strage condannata subito dai partiti egiziani ma anche, fuori dell’Egitto, dalla Turchia di Erdogan e da Hamas al governo di Gaza.
Qui negli Stati uniti si segue con grandissima preoccupazione quanto accade in Egitto. E si vuole evitare ad ogni costo una nuova brutta figura dopo quelle fatte in Siria ed in Libia. Il presidente Obama ha chiesto ai vertici delle Forze armate americane di valutare se non sia il caso di sospendere temporaneamente la fornitura di 1,5 miliardi di dollari all’Esercito egiziano che é stato finanziato con questi danari dai tempi del “presidente saggio” Anwar El-Sadat. Se questa sospensione venisse decisa per l’Egitto sarebbe una vera e propria tragedia. Non solo economica ma politica.
Il ruolo dell’esercito
L’Esercito é da sempre l’unico elemento di stabilità possibile per un Paese complesso e vischioso come l’Egitto. E malgrado i fatti di questi giorni resta l’unico fattore di equilibrio.
Dopo la strage e prima dell’ultimatum dell’Esercito é stata chiusa la sede centrale della Fratellanza mussulmana.
Il Partito Giustizia e Libertà, braccio politico della Fratellanza, ha lanciato un appello alla sollevazione dei suoi militanti. E, a seguire, il capo spirituale della Fratellanza, Badie, ha minacciosamente detto che l’Esercito farà fare all’Egitto la stessa fine che sta facendo la Siria.
L’appello alla riconciliazione nazionale lanciato dall’Università cairota di Al-Azhar, la più antica del mondo, non é stato raccolto da nessuna delle parti che si fronteggiano in piazza.
Protesta anti Obama
Anzi. Gli anti-Morsi sono nuovamente scesi in piazza e in 350mila hanno ancora una volta occupato piazza Tahrir. Gli slogans urlati dalla folla non erano più contro l’ex-presidente ormai defenestrato. Erano contro il presidente americano Obama, accusato di aver appoggiato i Fratelli mussulmani, e contro i media Usa, in particolare la Cnn accusata di aver definito colpo di stato quello che, secondo loro, non lo é.
Contatti e riunioni si succedono per decidere da chi far guidare questa fase convulsa della vita politica egiziana, se da ElBaradei o se dall’economista Ziad Bahaa El-Dine, entrambi esponenti del Fronte di salvezza nazionale, uno schieramento composito di sinistra moderata. Dopo la strage i seguaci del partito Al-Nour hanno sbattuito la porta e così hanno fatto i salafiti.Ma la domanda che da giorni incombe sulla situazione e che non trova ancora risposta é: dov’é Morsi? Secondo i suoi seguaci é ancora rinchiuso nella sede della Guardia repubblicana assaltata questa mattina, l’assalto, dicono, era stato organizzato per liberarlo. Il gen.Hamdi Bakhit ha detto in una intervista ad Al-Ahram che no, Morsi non si trova nei locali dell’Esercito. Dov’é dunque?