Se l’Italia volesse potrebbe arrivare alla verità sull’omicidio di Giulio Regeni e anche abbastanza in fretta. Ha strumenti di pressione sull’Egitto. “Altro fatto è se l’Italia vuole usare questi strumenti”, ha affermato senza mezzi termini la professoressa Elisabetta Brighi dell’Università di Westminster, audita dalla Commissione parlamentare d’inchiesta incaricata di far luce sull’uccisione del giovane ricercatore nel 2016. Ma tanto il Governo di Matteo Renzi quanto quello di Paolo Gentiloni, come quello gialloverde e ora quello giallorosa di Giuseppe Conte non sembrano voler utilizzare fino in fondo tali mezzi, in una vicenda che vede pesantissimi coinvolgimenti del governo egiziano di Abdel Fattah al-Sisi.
“L’Italia – ha sottolineato la docente – ha un potere negoziale sull’Egitto che non è solo importante ma che non usa attualmente o ha deciso di non usare a pieno. Questo è un dato su cui bisogna riflettere”. Elisabetta Brighi ha quindi affermato che il sostegno dell’Italia all’Egitto di Al-sisi, in nome della stabilità, in realtà sarebbe non solo illusorio ma controproducente, sia sul piano internazionale che interno. Con il risultato che l’omicidio Regeni, come dichiarato sempre ieri nin audizione dal professor Lorenzo Casini della Società italiana per lo studio del Medio oriente, ha inferto anche un colpo micidiale alla libertà di ricerca. In Egitto viene repressa con brutalità ogni forma di dissenso e i ricercatori non possono più operare. “Oggi un dottorando non lo manderei in Egitto”, ha aggiunto. Difficile dargli torto.