Più che una rivoluzione sembra una restaurazione. Altro che addio alla lottizzazione in nome del cambiamento epocale sbandierato a Viale Mazzini con l’avvento di Fabrizio Salini sulla poltrona di amministratore delegato. Il risultato, dopo quasi due anni, è il ritorno della Rai all’Ancien Régime , il “vecchio” a cui, alla fine, anche il Movimento Cinque stelle sembra essersi arreso. Secondo quanto risulta a La Notizia, al prossimo Cda fissato di domani verranno ratificate alcune nomine che, non c’è dubbio, faranno senz’altro discutere. Il nome in questo senso più caldo è quello di Mario Orfeo.
Pd e Italia Viva non hanno mai mollato la presa e alla fine hanno avuto la meglio sulle resistenze pentastellate: l’ex dg della Rai subentrerà a Giuseppina Paterniti, messa alla porta senza tanti convenevoli, alla direzione del Tg3. In cambio, in quota 5S, andrebbero le direzioni di Rai3 e di RadioRai. Nel primo caso il nome in pole è quello di Franco Di Mare, già circolato in passato per altre direzioni; nel secondo, invece, sarebbe praticamente fatta per Simona Sala, attuale vicedirettore di Giuseppe Carboni al Tg1.
SU TUTTE LE FURIE. Un pacchetto di nomine, insomma, da cui potrebbero sorgere però altri problemi. A cominciare dalla vicenda Paterniti. Reduce da ascolti di tutto rispetto, da quanto apprende il nostro giornale, l’ormai ex direttrice del Tg3 non avrebbe gradito affatto l’avvicendamento e non ne ha fatto mistero ad un imbarazzatissimo Salini che le ha comunicato l’“immotivato” benservito. Figlio delle pressioni politiche che lo stesso ad avrebbe subito e alla fine assecondato. Per lei potrebbe esserci ora un futuro da direttore editoriale. L’incarico che fu di Carlo Verdelli. Un ruolo di fatto marginale rispetto alla direzione di un telegiornale e che, proprio per questa ragione, sa molto di contentino. Non è un caso che tra i corridoi di Viale Mazzini c’è anche chi vocifera che la stessa Paterniti stia pensando di adire le vie legali per impugnare quello che potrebbe configurare un demansionamento ingiustificato.
GRAN RITORNO. Ma sullo sfondo c’è ancora un altro nome che fa rumore: quello di Monica Maggioni. L’ex presidente Rai guadagna oggi 240mila euro senza avere un ruolo concreto all’interno del servizio pubblico (pur ricoprendo l’incarico di amministratore delegato di RaiCom). Ed è proprio per questo che Salini in persona avrebbe convocato, nei giorni scorsi, il neodirettore di Rai1 Stefano Coletta per risolvere quest’ennesima grana, magari affidare la conduzione di un programma proprio alla Maggioni. Si vedrà.
CON LE SPALLE AL MURO. Insomma, il solito valzer di nomine che torna puntuale a sconvolgere gli equilibri Rai ad ogni cambio di maggioranza. E che, però, stavolta rischia di provocare seri danni nel Movimento 5 Stelle. Che dovrà giustificare alla propria base il cedimento a quelle logiche lottizzatorie da sempre avversate. I primi strascichi si vedono già tra i tanti parlamentari che non hanno digerito affatto le nuove nomine calate dall’alto, con buona pace per la battaglia sul rinnovamento del servizio pubblico al grido “fuori i partiti dalla Rai”. Come lo spiegheranno ai propri elettori? E, soprattutto, come spiegheranno il cedimento proprio su Orfeo contro la cui nomina i Cinque Stelle erano da mesi in trincea? “Si sarebbe potuto lasciare la direzione del Tg3 al Pd, ma perché accettare il diktat sul nome di Orfeo? Un harakiri”, sussurra indignato un eletto dei Cinque Stelle. Di certo non l’unico.