Sta per riaprire una nuova versione di Amici. Come già anticipato da numerose agenzie, si tratterà di quattro puntate speciali e il format, per l’occasione, si chiamerà Amici Speciali – con Tim insieme per l’Italia. Sarà una maratona benefica con lo scopo di aiutare il Paese in questo periodo difficile a causa della pandemia da Covid-19. Il cast è formato da 12 artisti, 7 cantanti e 5 ballerini, che hanno già preso parte alle precedenti edizioni del programma come concorrenti o in altri ruoli. Non mancheranno naturalmente giudici, direttore artistico e Maria De Filippi, pronta a partire con questa nuova esperienza che indicativamente inizierà il prossimo 22 maggio, chiaramente rispettando tutti i crismi di sicurezza imposti dall’emergenza sanitaria.
In un momento particolare come questo, Maria e i suoi autori hanno deciso di modificare la narrativa di questa storica trasmissione che, con i suoi quasi vent’anni di anzianità, è il talent più longevo della nostra tv. Già, perché Amici è nato nel settembre 2001 ma allora si chiamava Saranno Famosi, assumendo il nome attuale nel gennaio 2003. Inizialmente la trama era diversa, erano presenti categorie, come quella degli attori, che col tempo poi sono state tolte, non tutto veniva fagocitato dalle macroaree canto e ballo. Ma l’intuizione del “serale” e delle sfide furono sicuramente i plus che diedero la svolta al programma, soprattutto dal punto di vista dell’Auditel. La media nel prime time, infatti, già vent’anni fa si aggirava attorno al 20% di share.
OmincomMediaGroup, multinazionale che realizza dati e analisi per le più grandi aziende del mondo che pianificano pubblicità in Italia, ci dice che l’edizione 2020, conclusasi lo scorso 3 aprile, ha viaggiato con uno share medio del 20,3%, superando in termini di audience quella dello scorso anno (+4,5%) e mantenendo quindi standard di gradimento molto alti considerando anche la mancanza del pubblico, un attore fondamentale in quelle dinamiche. Forse, 15/20 anni fa la nostra Italia era diversa, era un Paese più ottimista che guardava al futuro con fiducia a differenza di oggi in cui prevale un certo senso di buio all’orizzonte, soprattutto per i giovani. E in questi quasi due decenni Maria e il suo format si sono impegnati per dare incentivi e impulsi proprio alle generazioni più fresche. Lei e il suo team si sono reinventati di continuo, aggiungendo qua e là novità e modifiche attraenti, senza però perdere di vista l’elemento che sta alla base di tutto: alimentare una competizione non ansiogena tra i ragazzi e infondere la cultura del merito.
In questo la signora Costanzo rappresenta l’aspetto umano ma anche ironico: più tollerante degli insegnanti, spesso crudeli e inflessibili, obbliga bonariamente i ragazzi, con le sue battute, all’introspezione e all’autoironia. Proprio perché, come ha raccontato molte volte in alcune interviste, i suoi genitori le hanno trasmesso un’educazione molto severa, in particolare la madre, ha voluto enfatizzare il lato maieutico del talent, consapevole che per dare il meglio bisogna essere pungolati ma non minati nella propria autostima. Questa sua impostazione la si nota anche in C’è Posta per Te, molto diverso da Amici ma con una regola chiave che resta ben impressa, soprattutto nell’immaginario collettivo: la non invasività della brava conduttrice, forse più simile al Coro greco che non alla figura del protagonista assoluto.
Ammirevoli la sua umiltà e la sua capacità di capire cosa vuole il pubblico che la segue, sinonimo di grande successo, in barba a chi invece pratica una sorta di snobismo televisivo. Quando la massa si sente esclusa, ti abbandona e si rivolge ad altro. Maria questo l’ha capito. Quindi ben vengano le famiglie, le casalinghe, i padri, le madri, i figli lontani o i ragazzi dalle estrazioni più disparate. Questa articolazione ha consentito ai suoi format di essere fenomenali interpreti della cultura giovanile e di parlare anche agli adulti: sostanzialmente oasi ideali dell’incontro intergenerazionale nel calderone della tv generalista.