Sembra proprio che Matteo Salvini non riesca a trattenersi dal cavalcare ogni polemica pur di guadagnare consensi. Proprio come successo nel caso delle scarcerazioni facili dei boss, avvenute nelle settimane scorse, per le quali più volte si è detto sconcertato e ha incolpato sia i giudici che il governo di aver permesso quella che ai suoi occhi appare come una barbarie. Insomma il Capitano si è scatenato sul tema della mafia, a suon di show in favore della webcam, ma le sue sparate rischiano di essere uno dei maggiori autogol della storia del Carroccio. Già perché in queste ore è curioso notare come tra le tante scarcerazioni, tra l’altro perfettamente legittime, contro cui ha tuonato c’è anche quella firmata dal giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Rosanna Calzolari. Il togato altri non è che la moglie di uno degli esponenti di primo piano della Lega Roberto Cota, ex governatore del Piemonte. Un particolare che deve essere sfuggito al Capitano ma che mostra, per l’ennesima volta, come al Carroccio piace puntare il dito contro gli altri, alzare i toni e individuare colpevoli a caso, senza mai farsi un’esame di coscienza.
FRATTURA INTERNA. Perché in questa storia il problema non è la sentenza del giudice Calzolari che può non piacere ma è avvenuta nel rispetto della legge ma questa frenesia di creare bagarre politica da parte di un partito che, al contrario di quanto dica, ama chiacchierare piuttosto che fare. Ma c’è di più perché le sparate contro i giudici di Salvini hanno creato una frattura, al momento rimasta sotto traccia ma che potrebbe detonare presto, del partito. Lo stesso Cota ad aprile è entrato a piedi uniti contro la linea del massimo rigore del Capitano, difendendo i magistrati di sorveglianza dagli attacchi mediatici e affermando “senza voler essere buonista” che è necessario alleviare la pressione nei penitenziari in quanto “l’interesse generale alla carcerazione di determinate categorie di persone si deve bilanciare con l’interesse, sempre generale, collegato all’emergenza sanitaria ed alla prevenzione della diffusione del contagio”.
BUFALE SU BUFALE. Sembra incredibile ma sul tema delle scarcerazioni dei giorni scorsi Salvini ha fatto anche di peggio. Già perché Il Capitano, pur di cavalcare le polemiche, non si è mai fatto scrupoli a lanciare attacchi sconclusionati. Proprio quanto accaduto anche in questo caso quando, commentando i domiciliari concessi ad alcuni boss, ha preso la palla al balzo per sparare contro il governo. Con un post pieno di sdegno, ha fatto sapere tutto il suo malcontento per “lo schifo dei boss mafiosi scarcerati e mandati a casa con la scusa del virus che grida vendetta, è una resa dello Stato”. Concetto ribadito poco dopo con un secondo post in cui si legge: “Sono inca**ato nero: è una vergogna nazionale. Sopra i 70 anni come da previsione del decreto Cura Italia, che apre le porte delle carceri, rischiano di uscire e tornare a casa ai domiciliari altri mafiosi”. Peccato che le cose non stiano affatto così perché il Cura Italia non ha mai permesso alcuna agevolazione ai boss anzi li ha esclusi dall’elenco dei possibili beneficiari.