di Angelo Perfetti
Sono abolite le province. E ci voleva tanto… Bastava una riga per risolvere tutto. Almeno a stare all’articolo 1 dello schema di ddl costituzionale approvato dal consiglio dei ministri, che verrà sottoposto al vaglio della Conferenza Unificata. Quattro parole e si modifica l’articolo 114 della Carta Costituzionale che oggi recita: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”. Il governo degli annunci, quello che ha basato finora tutta la propria azione sulle parole, stavolta parte proprio da quelle per cominciare a ridare all’assetto istituzionale una forma leggera e meno costosa. Intendiamoci, non è che abolendo le Province abbiamo risolto nulla, ma intanto un segnale è stato dato: meno incarichi, meno consiglieri, meno presidenti, meno auto blu. I dipendenti possono stare tranquilli, saranno ricollocati nella grande pancia dello Stato, ma – si spera –andranno in uffici carenti di personale che così potranno funzionare meglio. Unico neo, che però fa parte delle procedure: quella di oggi non è una notizia, ma un annuncio. Una strada da percorrere che ancora non è arrivata alla meta. Una decisione positiva La pensa così anche il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: ‘’La decisione di oggi del Governo sulle province è sicuramente positiva perché è un altro passo nella direzione giusta. Noi vediamo questo provvedimento nell’ambito di una riforma istituzionale più complessiva -ha continuato Squinzi- , però vuol dire che si vuole andare veramente nella direzione di ridurre i costi della macchina statale. Questo potrebbe essere uno dei passi giusti. Non dimentichiamo – ha concluso – che abbiamo bisogno di ridurre i costi della macchina per poter liberare risorse da destinare alla crescita che è la priorità assoluta, in quanto ne abbiamo bisogno per creare lavoro’’. Dibattito fuorviante Non tutti però sono disposti ad applaudire. “Il dibattito sulle province – afferma Antonio Satta, componente dell’ufficio di presidenza dell’Anci e segretario dell’Unione Popolare Cristiana (Upc) – è fuorviante, perché sono le regioni i veri centri di spesa. Sulle regioni andrebbe fatta una seria spending review. Ragioniamo su come limitare le uscite dello Stato, ma dobbiamo essere consapevoli che abolire le province non sposta di molto il bilancio pubblico – continua Satta – Il rigore va chiesto più duramente alle regioni”. L’attacco dell’Upi ‘’Siamo di fronte a una sgradevole rappresaglia del Governo e dei Sindaci, ma ora serve un riordino complessivo dello Stato’’. Il presidente dell’Upi Veneto e presidente del Consiglio direttivo Upi, Leonardo Muraro, è durissimo. ‘’La strada scelta da Letta – dice – dimostra ancora una volta la mancanza di volontà e la forza morale di prendere in mano una necessaria quanto delicata riforma costituzionale – spiega Muraro – che muti complessivamente l’attuale assetto statale. Le Province sono pronte a rivedere tale l’ordinamento, ma questo non può riguardare soltanto uno degli enti locali. Continuiamo a perderci in ‘rappresaglie ‘ demagogiche. Letta mi sembra un giardiniere sprovveduto di fronte a una pianta malata: taglia qualche ramo qui e là invece di trovare una cura. Come cittadino, ancor più che come amministratore, chiedo che una volta per tutte, si tratti la riforma delle nostre istituzioni in maniera seria, coerente con i reali benefici che si vogliono ricercare. Non voglio pensare – aggiunge l’esponente Upi – di spendere denaro, energie e risorse per una riforma frettolosa e – come la gatta dai gattini ciechi – doverne sperperarne altre per correggere la stessa tra qualche anno. Come sempre in Italia!”