Per una volta la Germania va a lezione dall’Italia e deve prendere esempio dal premier Giuseppe Conte. Già, perché viene da pensare che alla fine dei conti il presidente del Consiglio non aveva tutti i torti e non li ha soprattutto ora all’alba della Fase 2. Le precauzioni sono fondamentali, come ribadito ieri anche da Papa Francesco dinanzi alle richieste esagerate della Comunità Episcopale Italiana. Ed è, questa, una lezione che ora anche Berlino deve capire. I dati che arrivano dalla Germania, infatti, purtroppo fanno notare come non appena si allentano le misure di lockdown, il famoso “indice R con zero” che misura la contagiosità del virus, riparte.
Proprio la preoccupazione espressa dal Comitato tecnico-scientifico al governo e fatta propria da Palazzo Chigi. Risale infatti l’indice di contagio in Germania, dove sono appena entrate in vigore le misure di allentamento delle misure anti Covid-19. Stando ai dati divulgati dal Robert Koch Institut, l’indice è risalito a 1, il che significa che ogni persona contagiata è in grado di infettarne un’altra. A metà aprile l’indice era sceso allo 0,7: da allora è risalito progressivamente. Una vera e propria doccia fredda, dunque, per Angela Merkel. “Rispettare le regole e la distanza, restare a casa il più possibile” è l’appello reiterato quasi quotidianamente dall’istituto tedesco, ribadendo quanto in Italia il governo va dicendo ormai da due mesi.
Ma sul valore che segnala che ogni paziente ne contagia un altro, la Germania mantiene il sangue freddo. E non è confermata per ora neppure la relazione con la Pasqua, quando i tedeschi – che non sono confinati in casa e devono limitarsi a non uscire in più di due – si sono riversati nei parchi, nei boschi e nella piazze per godere del bel tempo. Eppure sempre più tedeschi ora non sono convinti della strategia adottata in Germania, guardando con ammirazione quanto si sta facendo in Italia.
PUNTI INTERROGATIVI. Il paradosso dell’emergenza, a queste latitudini, è che nel frattempo si è fatto di tutto per far ripartire “l’ordinario”: dai ministri dell’Istruzione, che hanno chiesto al governo di far tornare “tutti gli scolari, almeno alcuni giorni o per alcune settimane fra i banchi prima della pausa estiva”; alla decisione dell’Assia, che ha consentito di frequentare messe e case di cura. E tutto questo nonostante il virologo Christian Drosten, volto notissimo di questa pandemia (una sorta di Burioni tedesco, per intenderci), che ha ribadito il monito in un podcast: “Se il tasso di riproduzione dopo l’allentamento delle misure salisse di nuovo sopra il valore 1, l’epidemia potrebbe riesplodere con un’irruenza inaspettata”. Ed è questa la ragione per cui anche nel resto del mondo, dagli Usa alla Francia passando per la Spagna, gli specialisti e i consulenti contattati dai vari governi, prendono spunto dalle norme italiane, visti i risultati a cui stanno portando.
BOTTA E RISPOSTA. Insomma, l’Italia fa da modello all’estero. Ma, come si suol, dire nemo prophet in patria. E così le critiche arrivano proprio dall’Italia e, per di più, dalla maggioranza. Conte però non si scompone e predica cautela e tiene alta l’attenzione sul rischio di un contagio di ritorno. Ma risponde anche a Matteo Renzi, che ieri dalle pagine di Repubblica ha definito l’ultimo decreto del presidente del consiglio come “uno scandalo costituzionale“. “Renzi? Non sono al corrente delle sue dichiarazioni, sono tornato a Roma alle 4. C’è libertà di pensiero, a me tocca decidere con tutta la responsabilità del caso“, ha detto Conte da Lodi, difendendo le misure del governo: “Abbiamo fatto qualche passettino in avanti, per qualcuno non è sufficiente ma non possiamo fare di più. Io sono il primo che vorrebbe allentare le misure però per adesso dobbiamo ancora procedere così”.
E quanto accaduto in Germania non può che essere l’esempio lampante. L’idea del governo, dunque, è di ripartire ma gradualmente. Ecco perché si valuta anche una riapertura differenziata tra regione e regione. “Sulla base dei dati che verranno dopo il primo allentamento del lockdown, il governo valuterà la possibilità di consentire dal 18 maggio aperture differenziate nei vari territori, sulla base della curva epidemiologica ma anche della capacità del sistema sanitario a livello locale”, spiegano fonti di Palazzo Chigi. Il governo, dunque, procede, facendo scelte politiche chiare, non cedendo alle pressioni ma assicurando la tutela della salute.