di Valeria Di Corrado
Ritardi su ritardi. Le imprese creditrici delle pubbliche amministrazioni sono ancora in attesa di sapere quando verranno pagate. Ieri è scaduto il termine a disposizione per pubblicare nel proprio sito internet istituzionale l’elenco completo dei debiti, per ordine cronologico di emissione della fattura, con l’importo e la data prevista di pagamento. Lo stabilisce l’articolo 6 del decreto legge n.35 dell’8 aprile 2013. Ma sulle pagine web dei 13 ministeri, soltanto cinque hanno adempiuto alla disposizione. I più virtuosi sono i dicasteri delle Politiche Agricole, dell’Istruzione, dei Beni Culturali, della Salute e dell’Interno. Quello dell’Ambiente ha inserito una griglia vuota, mentre dell’Economia riporta pedissequamente i testi delle leggi e delle circolari sulla materia ma poi quando cerchi l’elenco non ne trovi traccia. “Non è un termine perentorio”, fanno sapere da via XX Settembre. Eppure sempre nell’articolo 6 (comma 9) della legge sblocca-debiti è specificato che “la mancata pubblicazione comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare”. In una Paese dove le norme vengono viste come non vincolanti, forse anche questo passaggio passerà sotto silenzio. L’altra obiezione che viene dal ministero guidato da Saccomanni è che il debito contratto dai dicasteri fino al 31 dicembre 2012 è “marginale rispetto a quello di Regioni ed enti locali, concentrate nella sottoscrizione dei contratti di prestito”. Chiamiamoli marginali un miliardo e 76 milioni di euro (senza contare i debiti di Esteri, Difesa, Sviluppo economico ed Economia, che ancora non li hanno resi pubblici su internet). Il più indebitato è il ministero dell’Interno con 717 milioni 889 mila euro da saldare.
“Credo che vi siano le condizioni per poter arrivare a verificare la possibilità di accelerare i pagamenti con effetti positivi sull’economia reale, che ne ha un urgente, drammaticamente bisogno”, ha risposto proprio ieri il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, a un’interpellanza urgente del capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta. “Arrivare a verificare la possibilità di accelerare”: su quattro parole tre verbi e il sostantivo “possibilità”. Una perifrasi che non lascia ben sperare sulla rapidità della macchina.