di Clemente Pistilli
Demansionare un dipendente, costringerlo a lavorare nello sgabuzzino delle scope e farlo in tal modo ammalare, sarà anche un reato difficile da punire, mancando un articolo del codice penale chiaro su quella forma di mobbing denominata straining, ma non è certo una situazione che può far finire assolti senza troppi problemi i responsabili. A stabilire il nuovo principio, accogliendo un ricorso presentato da un funzionario della Bnl di Milano, è stata la Corte di Cassazione che, non avendo più possibilità di disporre un giudizio per eventuali condanne penali, ha rinviato il caso al giudice civile, affinché gli imputati – due superiori del dipendente dell’istituto di credito – vengano eventualmente condannati a risarcire il danno. La vicenda ha avuto inizio nel 2005, quando il funzionario amministrativo lavorava nella filiale Milano-Centro dell’istituto di credito. In base alla denuncia presentata dal mobbizzato e agli accertamenti eseguiti dall’Inail, S.C. sarebbe stato man mano messo all’angolo. La Procura indagò il direttore dell’area territoriale Lombardia, Luciano Silvestri, e il direttore dell’unità di controllo dei rischi di area, Martino Pulcini, ipotizzando quello che era ritenuto dagli inquirenti l’unico reato che si potesse contestare ai due, il reato di maltrattamenti in famiglia. Il 30 settembre 2011, dopo che per i due imputati erano state chieste le condanne, il giudice del Tribunale di Milano, Enrico Manzi, aveva assolto sia Silvestri che Pulcini, specificando che in una realtà di rilevanti dimensioni non si poteva sostenere l’ipotesi di maltrattamenti in ambiente familiare o parafamiliare. S.C. fece appello, ma invano. Alla fine, però, il funzionario è riuscito a ottenere giustizia dalla Corte di Cassazione. La VI sezione penale della Suprema Corte ha specificato infatti che, se è vero che non si può contestare in un quadro del genere il reato di maltrattamenti in famiglia, è altrettanto vero che i due imputati hanno causato delle lesioni al dipendente, a cui è stato certificato un “disturbo dell’adattamento” come “reazione depressiva prolungata da problemi sul lavoro”. Sentenza annullata e caso rinviato al giudice civile.