Un confronto aspro e serrato, racconta chi ha assistito, quello andato in scena ieri durante il Cda di Viale Mazzini. Da una parte i consiglieri Rita Borioni e Riccardo Laganà, dall’altra il presidente Marcello Foa, oramai sempre più inviso a buona parte della maggioranza di governo e del Cda. Al centro della querelle il caso della conferenza stampa in diretta televisiva del 10 aprile scorso del premier Giuseppe Conte e le successive lettere del presidente della Vigilanza ai Alberto Barachini. Secondo quanto ricostruito anche dall’AdnKronos, i consiglieri Rita Borioni e Riccardo Laganà hanno stigmatizzato la scelta del presidente della Rai Marcello Foa di “non condividere nell’immediato e cioè l’11 aprile il contenuto della missiva di Barachini per poter valutare in un Cda convocato ad hoc la richiesta specifica e di non aver neppure ricevuto, nonostante ripetuti solleciti, la lettera in questione se non dopo quattro giorni e cioè il 14 aprile in serata, dopo che era già stata diffusa attraverso canali informali”.
Secondo quanto risulta anche al nostro giornale, i due consiglieri di amministrazione avrebbe parlato di “mancanza totale di gestione trasparente e collegiale più volte invocata dallo stesso presidente Foa”. Da qui la richiesta di maggiore condivisione da parte del presidente del Cda. A tali rimostranze, però, Foa avrebbe risposto che il Consiglio di amministrazione non può pretendere una cogestione. “Noi, però, chiedevamo soltanto di essere informati su temi così delicati e importanti che vanno ad impattare sul servizio pubblico e sul pluralismo”. Che è, di fatto, tutt’altra cosa. Ecco perché, alla fine della riunione, Borioni e Laganà avrebbero comunque ribadito la loro posizione critica nei confronti della scelta del presidente Foa di non condividere le informazioni relative a due lettere di profilo istituzionale.
Ma “ci siamo ritrovati soli, come spesso accade, nell’invocare maggiore trasparenza e collegialità per il bene del Servizio Pubblico”. Tradotto, nel silenzio della consigliera in quota M5S Beatrice Coletti – e di quello dell’Ad Fabrizio Salini – non c’erano i numeri per far passare un voto di censura contro Foa. “Pur non andando d’amore e d’accordo con il presidente di Viale Mazzini – raccontano i ben informati proprio riguardo a Salini- essendo entrambi sotto bersaglio, è come se avessero firmato un armistizio, un accordo di non belligeranza”.
SCONTRO POLITICO. Vedremo, però, quanto potrà durare. In un post pubblicato ieri sul Blog delle Stelle i componenti pentastellati della Commissione Vigilanza hanno innanzitutto stigmatizzato la “lettera personale, fatta senza il coinvolgimento della Commissione. Una scelta che ha poi impattato sulla linea editoriale del servizio pubblico”. Barachini, insomma, “ha sollecitato con imperiosità un diritto di replica per i leader dell’opposizione comportandosi non come il presidente di una Commissione di garanzia ma come un esponente politico che entra a gamba tesa nella Rai”. E da qui sarebbe partito un cortocircuito informativo con cui “si è tradito il principio di equilibrio e di libertà editoriale del servizio pubblico”. Da qui l’accusa: “L’azienda del servizio pubblico – lo abbiamo sempre detto – è una ricchezza di tutti. Per questo non può permettersi un presidente inadeguato – concludono – Così come la commissione di Vigilanza deve essere guidata da un presidente che rispetti i sui componenti e tutti gli step istituzionali. Questo serve per garantire l’equilibrio dell’informazione, la libertà e l’autonomia dei giornalisti”.