Alla fine le cose vanno sempre come devono andare. Ma in questo caso poco c’entra il destino, è una questione di scelte. Perché gli errori si pagano, nella vita come nella politica. Soprattutto se sono una sequela impressionante e a maggior ragione se si anelano in un periodo drammatico come quello che stiamo attraversando, dove le persone hanno bisogno di avere punti di riferimento solidi, coerenti, seri. Ma per Matteo Salvini in realtà l’escalation negativa è iniziata ben prima del coronavirus, almeno dai tempi dell’ormai celebre Papeete, in quella terra di Romagna che tante delusioni ha arrecato al nostro. E adesso tutti i nodi stanno venendo al pettine.
È la Nemesi, fatale punitrice della tirannide e dell’egocentrismo. È la giustizia “compensatrice”, intesa come una situazione negativa che giunge dopo un periodo fortunato per ricreare un’armonia ingiustamente “scomposta”. Un’armonia che certo non vige all’interno della Lega, tramutatasi in “Lega Salvini-premier”, gestita come una monarchia assoluta quasi di stampo teocratico, dove il monarca per grazia divina ha potere vita o di morte (metaforicamente, si intende). Ma sicuramente per chi non fa parte della ristretta cerchia del capo la vita non è facile. Come del resto ebbe a dire due anni fa un pezzo da novanta come Roberto Maroni, per sua stessa ammissione “trattato con metodi stalinisti”dal segretario federale.
L’ex governatore della Lombardia che inaspettatamente “scelse” di non ricandidarsi per un secondo mandato e a cui è subentrato il meno “ingombrante” Attilio Fontana, che certo non sta brillando (per usare un eufemismo) nella gestione dell’epidemia nella regione più drammaticamente colpita. Fermo restando che la catena di errori commessi ha riguardato tutti i livelli, nondimeno quello del governo centrale, è altrettanto innegabile che il tanto decantato “modello lombardo” è andato in tilt e in ogni caso non esiste nessun modello di “buon governo leghista”, leit motiv della propaganda salviniania. Esistono amministratori capaci come il veneto Luca Zaia, che certo non è certo “creatura” salviniana.
Non a caso, se c’è stata una costante della narrazione del Capitano in questa crisi – fra una preghiera dalla D’Urso (pietà…), un’imbarazzante diretta notturna Instagram in cui dice di non far uso di sostanze stupefacenti e, soprattutto dopo aver affermato tutto e il contrario di tutto, è il fatto di aver deliberatamente ignorato i successi del governatore veneto. Che teme. E intanto i consensi calano: quasi di 10 punti. A tutto vantaggio di chi come Giorgia Meloni anche in questa crisi si sta rivelando politicamente più matura, e non sono mancate le occasioni in cui si è smarcata da Salvini. Il quale, peraltro mai ha riscosso le simpatie dell’altro leader del centrodestra, il redivivo Silvio Berlusconi, tornato al centro della scena in questi giorni per le sue posizioni pro Mes. In ogni caso così come è svanita la centralità politica, è bene che Salvini si rassegni al fatto che è svanita anche la possibilità di un suo ingresso a Palazzo Chigi.