Che ai costi altissimi in termini di vite umane a causa della pandemia si dovessero aggiungere quelli economici, altrettanto drammatici, era purtroppo prevedibile. Lo tsunami del coronavirus sull’economia globale è già arrivato, lo certificano da settimane tutti gli indicatori e gli istituti, dalla Federal reserve statunitense, al Fondo Monetario internazionale fino alla nostra Confindustria. Che, già venti giorni fa, ipotizzando un superamento della fase acuta dell’emergenza sanitaria a fine maggio, aveva confermato una stima di un -6% di Pil per il 2020. Paventando il rischio che la recessione si potesse trasformare in depressione.
La stessa terribile conclusione a cui è giunto ieri anche l’Ufficio parlamentare di bilancio: “L’economia internazionale, che si era già indebolita nello scorso biennio, è stata travolta dalla pandemia di Covid-19, il cui impatto è soggetto ad un elevatissimo grado di incertezza con proporzioni che, a detta di molti osservatori, sembrano comparabili in tempi di pace solo a quelli della crisi del 1929. E in Italia comporterà un crollo del Pil mai visto nella storia della Repubblica: nel primo semestre un calo verticale del 15%”.
BRUTTI SEGNALI. Questo quanto si legge nella nota sulla congiuntura di aprile 2020 diffusa dall’organismo indipendente costituito nel 2014, con il compito di svolgere analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del Governo e di valutare il rispetto delle regole di bilancio nazionali ed europee. E ancora: “La fase di decelerazione dell’attività economica che aveva interessato diversi paesi tra il 2018 e il 2019 sembrava essersi interrotta alla fine dello scorso anno, grazie anche alla tregua siglata a gennaio nel quadro della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina: la diffusione della pandemia ha cambiato radicalmente il quadro determinando un peggioramento senza precedenti, previsioni per l’anno corrente diffuse la settimana scorsa dal Fondo monetario internazionale (Fmi), hanno stimato per il 2020 la recessione più profonda dalla crisi del 1929, con una contrazione del Pil globale pari a tre per cento, ma per le economie avanzate la contrazione sarebbe addirittura del 6 per cento: 7,7 punti percentuali in meno rispetto alla previsione di inizio anno”, si legge nel documento. In cui viene sottolineato che “la pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto senza precedenti sull’economia italiana, che dopo una fase di stagnazione era andata deteriorandosi ulteriormente nel corso dell’ultimo trimestre del 2019.
CIRCOLO VIZIOSO. La diffusione dell’emergenza sanitaria a partire da febbraio ha cambiato il quadro congiunturale con grande velocità e intensità, aumentando esponenzialmente l’incertezza di famiglie e imprese. Gli indicatori sintetici del ciclo economico elaborati dalle istituzioni colgono un quadro ancora parziale degli effetti della pandemia sull’attività reale, a causa degli sfasamenti temporali delle rilevazioni. Alcuni segnali di forte contrazione sono comunque già desumibili da variabili ad alta frequenza come il consumo di energia elettrica e di gas per usi industriali, che in marzo hanno subito un calo tra il 10 e il 15 per cento rispetto allo stesso mese del 2019”.