Un primo report con le indicazioni per la ripartenza avrebbe dovuto essere consegnato ieri. Ma le questioni sul tavolo sono tante e il team di Vittorio Colao si prende ancora qualche giorno per dispensare consigli su tempi e modalità della ripresa. Gli esperti guidati dall’ex ad di Vodafone si sono rivisti ieri: sei ore per fare il punto. Al di là dei singoli settori da far ripartire in anticipo rispetto alla data ufficiale del 4 maggio – per macroaree e confermando alcune zone rosse – il problema principale rimane – oltre a quello di rendere sicuri fabbriche e uffici – la mobilità dei lavoratori. Il nodo è quello di studiare il metodo più efficace per decongestionare i mezzi pubblici con un mix di smart working e scaglionamento degli orari per i turni di lavoro, in entrata e in uscita.
Sul tavolo gli esperti hanno i contributi di vari istituti come l’Inail che ha mappato i settori in base al rischio. Le decisioni finali spetteranno al governo e non si annunciano semplici. Da una parte gli industriali premono per ripartire subito, appoggiati da molti governatori del Nord soprattutto quelli leghisti, aizzati dal leader Matteo Salvini, dall’altra nella maggioranza c’è chi (parte del Pd ma anche il M5S e il ministro Leu Roberto Speranza), corroborati dagli scienziati, premono per rinviare l’allentamento del lockdown al più tardi possibile. E già perché già dai prossimi giorni, intorno al 27, prima della fine del lockdown comunque, c’è chi scommette che il governo sia pronto a concedere nuove autorizzazioni a ripartire ma solo per alcune aree del paese.
A scaldare i motori sono le aziende del tessile e della moda, quelle meccaniche, i cantieri edili. Potrebbero anche rialzare le saracinesche i mobilifici. Del resto continuano ad arrivare incessanti le richieste ai prefetti per aprire i battenti in deroga allo stop. “Il lockdown non esiste più, in Veneto le imprese sono aperte: un 40% grazie alle sole deroghe”, dice Luca Zaia. Diversamente da Vincenzo De Luca che minaccia di chiudere la Campania. Per dare il via libera potrebbe non rendersi necessario un nuovo Dpcm. Con un decreto interministeriale Mise-Mef si potrebbero aggiornare i codici Ateco. Fondamentale il rispetto dei protocolli di sicurezza sui luoghi di lavoro. Ma quelli elaborati a marzo andrebbero rivisti e governo e parti sociali a breve torneranno a vedersi.
Rimane prioritario, ora, contenere l’attivismo sfrenato di governatori che minacciano di procedere in ordine sparso. Non a caso oggi si riunirà la cabina di regia tra governo, regioni e comuni. Il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa spiega che le riaperture delle attività “potranno essere a diverse velocità sul territorio, perché ci sono situazioni territoriali più o meno favorevoli”. Il punto, per il team Colao, è stabilire quali filiere e quali territori siano in grado di far ripartire le attività in sicurezza. Di certo a oggi è stato risolto qualche rebus: Immuni sarà l’app italiana per il tracciamento del contagio fondamentale per la fase 2 (leggi box in alto). App, test sierologici, protocolli di sicurezza da una parte e dall’altra gli esperti che continuano a suonare le campane a morto. Solo dopo il 4 maggio si potrà ragionare sull’allentamento delle restrizioni per cittadini. Forse. Palazzo Chigi del resto precisa: “Nelle ultime ore circolano numerose ipotesi, con tanto di date, sulle possibili riaperture nel Paese. In alcuni casi non hanno alcun fondamento, in altri si tratta di ipotesi ancora allo studio in alcun modo considerate definitive”. Si vedrà.