“In vista del Consiglio Europeo del 23 aprile continuiamo a sostenere l’importanza degli eurobond e il piano del Recovery Fund: sono necessari strumenti adeguati per una crisi di questo tipo”. La data è cerchiata in rosso. Il vicepresidente del gruppo M5S alla Camera, Riccardo Ricciardi, sa bene che quella sarà l’occasione in cui tanti nodi si scioglieranno. E, nel frattempo, il Movimento proprio ieri ha acceso l’ennesimo faro su un’altra possibile distorsione delle regole del gioco in Europa: “Bisogna intervenire urgentemente per evitare concorrenze sleali ed ingiustizie tra Paesi”, spiega Ricciardi a commento della lettera inviata dai 5 Stelle alla commissaria europea Margrethe Vestager.
Perché l’esigenza di scrivere proprio ora, in un frangente così delicato?
L’Italia ha messo al centro la tutela della salute pubblica: per questo molte filiere sono state chiuse. E non può vedersi danneggiata per aver attuato misure che avevano l’obiettivo di proteggere le persone. Ci aspettiamo da Vestager un’azione di monitoraggio e verifica sulla consistenza di eventuali trust di filiere produttive che vanno ad ostacolare in modo significativo l’effettiva concorrenza tra Paesi. Le nostre aziende – che stanno già soffrendo una situazione drammatica – non possono essere penalizzate in Europa.
Crede ci sia davvero qualcuno all’interno dell’Ue che, magari dicendo no agli eurobond, voglia sfruttare la crisi?
Se qualcuno lo pensa sta commettendo un grosso errore, anche abbastanza autolesionista. Una miopia politico-economica che verrebbe pagata da tutti gli Stati membri perché anche chi suppone di trarre un vantaggio nel breve, nel medio periodo si troverà in difficoltà. Qualcuno può pensare che la frantumazione dell’intero progetto politico europeo possa portare dei benefici?
È inutile girarci attorno: anche se non è mai citata nella lettera il pensiero non può che andare all’Olanda…
La lettera non è rivolta soltanto all’Olanda ma all’Unione Europea, nella sua interezza. Non voglio immaginare che la sopravvivenza economica e politica di un intero continente possa dipendere dal volere di un solo Paese.
Però resta un dubbio: perché proprio ora queste richieste? È un tentativo di mettere Rutte con le spalle al muro in vista del prossimo Eurogruppo?
Da quando è scoppiata l’emergenza Covid sono iniziate le interlocuzioni e le trattative per fronteggiare la crisi. E non è naufragato nulla, tutto il contrario: l’Italia è riuscita a ottenere una grande apertura su diverse linee di credito. Se alcuni Paesi vogliono accedere al Mes, è evidente che non si può precludere loro l’opportunità di farlo. Non è il caso dell’Italia: noi del M5S lo consideriamo uno strumento inadatto ad affrontare l’emergenza. Ora ovviamente in Europa si deve concretizzare quello che è stato ottenuto con grande fatica.
Parte del Pd ha aperto alla possibilità di attivare il Mes. Lo stesso Zingaretti ha detto: “Se esisterà la possibilità, senza condizionalità e rispettando la sovranità italiana, di avere dei miliardi a sostegno della sanità credo che dovremo prendere queste risorse”. Dunque c’è questa possibilità?
Per noi il Mes non è uno strumento adeguato. Lo abbiamo detto in tutti i modi e lo ribadiamo. In questo momento la maggioranza deve soltanto pensare ad essere più compatta che mai intorno al Presidente Conte.
Crede però che proprio in vista dell’Eurogruppo la lettera alla Vestager sul maggior controllo per evitare concorrenza sleale potrebbe cambiare gli equilibri sul tavolo?
Non sono gli equilibri a cambiare ma il campo. E il campo cambia ogni giorno: è il tracollo della nostra economia e delle attività produttive. Questo è il campo in cui giocano tutti i protagonisti della partita. Poi certo una crisi di questo genere può essere l’occasione per porre dei temi che già in passato creavano squilibri, vedi i paradisi fiscali. Ma per noi non è una novità: da tempo denunciamo questa anomalia.
Intanto il Consiglio Europeo si avvicina… L’Unione Europea riuscirà a salvarsi da stessa?
L’Unione Europea, come la conosciamo oggi, ha il suo embrione nella Ceca (la comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) del lontano 1951. Allora i Paesi, sconvolti dalla tragedia della guerra, capirono che il non permettere che alcuni Stati potessero prevalere strategicamente ed economicamente sui propri vicini, potesse disinnescare conflitti sanguinosi. Anzi, misero in comune il mercato e le risorse. Dobbiamo recuperare quello spirito, immediatamente. Garibaldi disse “qui si fa l’Italia o si muore”. Oggi possiamo dire “qui si fa l’Europa o si muore”. Muore l’Europa come progetto di pace e di comunità.