“La mia posizione sul Mes non è mai cambiata e mai cambierà”. Lo aveva anticipato su Twitter Giuseppe Conte e lo ha ribadito nella conferenza stampa di ieri, attaccando frontalmente, in diretta tv, Giorgia Meloni e Matteo Salvini: “Il dibattito sul Mes è positivo ma è importante che si sviluppi senza falsità. Il Mes esiste dal 2012, non è stato approvato o attivato la scorsa notte, come falsamente e irresponsabilmente è stato dichiarato, questa volta devo fare i nomi e i cognomi, da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Non è assolutamente così. Questo governo non lavora col favore delle tenebre, guarda in faccia gli italiani e parla con chiarezza. L’Italia non ha firmato alcuna attivazione del Mes, non ne ha bisogno e lo ritiene totalmente inadeguato e inadatto all’emergenza che stiamo vivendo”. E sottolinea che il vero obiettivo del governo sono gli eurobond, per i quali è pronto ancora a “lottare” in Europa.
NESSUNA FIRMA. Il Meccanismo europeo di stabilità è stato approvato in via definitiva dal Parlamento italiano (dopo la modifica dei Trattati del 2011 con il Governo Berlusconi IV) il 19 luglio 2012. Il governo in carica era un esecutivo “tecnico” guidato da Mario Monti. A Montecitorio il via libera alla ratifica è stato dato con 325 voti favorevoli, 53 contrari, 36 astenuti e 214 assenti. Tutti i 168 deputati del Pd presenti votarono a favore, così come 83 parlamentari del Popolo della libertà, 30 dell’Unione di Centro e 14 di Futuro e libertà. La Lega (con Roberto Maroni segretario) fu l’unica a votare contro (51 no), insieme a due voti ribelli all’interno del Pdl. Il giorno della votazione, la futura leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, all’epoca nel Pdl era invece assente.
Dunque, l’Italia non ha ancora firmato nulla, né il pacchetto di misure proposte, che comunque non sono obbligatorie ma vanno espressamente richieste, né ovviamente i finanziamenti Mes, che resta una libera scelta degli Stati. In ogni caso sulle linee di credito del Fondo Salva Stati, qualora venissero attivate, non ci sarebbe alcuna condizionalità per le spese legate all’emergenza sanitaria. Mentre per quelle connesse al sostegno economico, i finanziamenti richiesti “saranno soggetti al coordinamento fiscale ed economico europeo nel quadro di sorveglianza europea”, per il rispetto delle regole del Patto di stabilità per ora solo sospeso, regole che contemplano naturalmente anche la flessibilità (leggi Troika).
TRIPLICE RETE DI SICUREZZA. Al termine della lunga trattativa il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno ha annunciato il pacchetto contenente la triplice “rete di sicurezza”. La prima è per i lavoratori, il piano Sure, che è un prestito per finanziare il maggior costo sostenuto dagli Stati per strumenti come la cassa integrazione: fondi per 100 miliardi ricavati emettendo obbligazioni soggetti a specifiche condizioni di rimborso e di erogazione. La seconda per le imprese: La Banca centrale europea (Bei) dovrebbe erogare prestiti che, cofinanziati da altre banche, dovrebbero fornire liquidità per circa 200 miliardi alle imprese.
La terza è il famigerato Meccanismo di stabilità, che come anticipato, metterà a disposizione una linea di credito “precauzionale” per 240 miliardi per i Paesi dell’Eurozona (all’Italia ne spettano circa 37), non soggetta a condizionalità. I coronabond, battaglia per cui si sono spesi 9 paesi membri, Italia in testa, non sono proprio menzionati, lo è invece il Fondo europeo per la ripresa, creato con l’emissione di Recovery bond comuni (molto simile al concetto di eurobond), Italia e Francia hanno chiesto che ne venga stabilita l’istituzione entro tre mesi, ma nelle conclusioni dell’Eurogruppo una data certa non viene menzionata. Resta da vedere come e quando questo piano che prevede l’emissione di debito comune per altri 500 miliardi verrà finanziato.