Probabilmente è un tratto comune a tutto ciò che ruota attorno alla figura di Matteo Salvini: sparare dichiarazioni a caso, dando colpe agli altri, cercando di apparire come i salvatori della patria. In questi giorni in quel del Pirellone l’ha fatto chiunque. Dal governatore Attilio Fontana, che ha parlato di “briciole” arrivate da Roma in merito ai dispositivi di protezione individuale, fino all’assessore alla Sanità Giulio Gallera. Proprio Gallera, ospite due sere fa a Piazzapulita, sulla scorta di quanto inopinatamente aveva dichiarato il suo presidente, puntava il dito contro il Governo brutto e cattivo: “I posti letto in terapia intensiva che il Governo aveva detto che erano necessari non sono bastati: dopo dieci giorni erano già esauriti”.
E ancora: “Abbiamo operato senza dispositivi di protezione individuale. La mancanza delle mascherine? Noi siamo chiamati a gestire l’ordinario. Le risorse servono per l’ordinarietà e noi così abbiamo sempre fatto. L’acquisto dei DPI non era di competenza della Regione Lombardia. Se io avessi comprato le mascherine mi avrebbero portato davanti alla Corte dei Conti. Chi doveva fornirci questo era la Protezione Civile e io non voglio fare polemica ma appena è scoppiata la pandemia sono stati attribuiti alle regioni i poteri di acquisto”. E ancora: “Di mascherine e dispositivi ne sono arrivati due milioni e mezzo ma noi ne usiamo 300mila al giorno…”.
COLPEVOLE RITARDO. Peccato che quanto raccontato dal duo che sarebbe comico se non fosse per la tragica emergenza che stiamo vivendo, sia semplicemente falso. Tutto ruota attorno a un assunto fondamentale: se oggi la Regione Lombardia è priva di mascherine e degli altri dispositivi di protezione individuale è solo colpa della Regione stessa. A dirlo chiaramente è stato ieri il consigliere regionale M5S della Lombardia Massimo De Rosa: “Altro che briciole da Roma. Lo Stato paga, la Regione decide acquisti e distribuzione. I dati richiamano Fontana e Gallera alle loro responsabilità”. E cosa dicono i dati? Innanzitutto che il Pirellone si è mosso con colpevole ritardo, nonostante fosse stato ripetutamente avvertito sia da Roma, sia dalla Protezione civile, sia dalla lettera che il 4 febbraio la FIMMG (la Federazione dei Medici di Medicina Generale) aveva inviato all’attenzione di Fontana.
Ciononostante la giunta aspetta metà febbraio per far partire, tramite ARIA spa (centrale acquisti per Regione Lombardia), i primi ordini. Si punta al prezzo al ribasso e alla quantità. Risultato? “La scoperta, all’inizio di marzo, che un ordine da 4 milioni di mascherine era da annullare”, spiega ancora De Rosa. Il motivo è imbarazzante: “L’azienda si era rivelata inesistente”, come confermato dallo stesso assessore Davide Caparini. E così la Lombardia è arrivata al culmine dell’emergenza senza scorte e con un ordine scoperto perché fatto a una società che non esisteva più. Chapeau.
I DATI. E a questo punto non restano che i dati a sbugiardare Fontana e Gallera. “È calcolato che il fabbisogno regionale si attesti attorno ai 9 milioni di mascherine al mese”, spiega De Rosa. La Protezione Civile è arrivata in soccorso dell’inefficienza lombarda inviando circa 7,3 milioni di mascherine (quasi 5 milioni chirurgiche e 2,3 milioni Ffp2): l’80%. Risultato? “La distribuzione dei DPI resta difficoltosa e le mascherine non arrivano dove dovrebbero arrivare”. Come ad esempio nelle Rsa (Residenze per anziani), dove il numero degli ospiti deceduti cresce quotidianamente a dismisura e gli appelli dei medici restano inesauditi.