Errare è umano, ma persistere è diabolico. Troppo spesso, negli ultimi tempi, i consiglieri leghisti in Regione Lazio si dimenticano che loro rappresentano l’opposizione e non la stampella del governatore – e segretario dem – Luca Zingaretti. L’ultimo episodio risale a qualche giorno fa, in occasione del voto degli emendamenti al collegato di bilancio: in aula alla Pisana, sede del consiglio regionale, molti scranni fra quelli della maggioranza erano vuoti e l’aula non avrebbe avuto il numero legale per procedere alla votazione. A chiedere una verifica dei numeri la capogruppo del M5S Roberta Lombardi.
Nel Pd infatti mancavano alcuni consiglieri e se non fossero stati presenti neanche dall’opposizione, la seduta sarebbe stata rinviata: in effetti tutti i consiglieri delle opposizioni sono usciti dal Consiglio, tutti tranne una, Laura Cartaginese (nella foto), ex forzista appena approdata nella Lega che ha di fatto “salvato” i dem grazie al suo appoggio numerico. Invece di uscire dall’aula come i suoi colleghi è rimasta in aula garantendo alla maggioranza il numero legale proprio per una presenza. Addirittura anche il segretario consigliere Gianluca Quadrana è rimasto sorpreso dall’atteggiamento della Cartaginese, chiedendo conferma della sua presenza.
Ma ancor più sorprendente l’atteggiamento del capogruppo della Lega Angelo Orlando Tripodi, che non ha preso posizione sull’accaduto. Si era forse distratto? Ma del resto né Cartaginese né Tripodi sono nuovi ai soccorsi “verdi” a Zingaretti in questa consiliatura: la ex forzista, nel dicembre 2018, quando era ancora tra le file dei berlusconiani, non votò la mozione di sfiducia al presidente Zingaretti, presentata da dodici consiglieri dell’opposizione di centrodestra, facendo in modo che il segretario Pd rimanesse saldamente in sella sconfessando in questo modo la linea politica dettata dal suo capogruppo Antonello Aurigemma e venendo espulsa dal partito.
A questo punto la domanda sorge spontanea: perché Cartaginese invece di aderire al Gruppo Lega non è passata direttamente al Pd, visto che sembra esserne la quinta colonna in qualunque partito di centrodestra approdi? Da par suo Tripodi (ex An, ex Forza Nuova) lo scorso ottobre, durante la votazione della variazione di bilancio, con la sua assenza – e quella del collega leghista Daniele Giannini – fece in modo che l’esito del voto finisse con 19 favorevoli e 18 contrari: è evidente che sarebbe bastata anche una sola presenza in più nel centrodestra per far finire la partita in parità e il rendiconto di bilancio sarebbe stato respinto. Creando in questo modo più di qualche grattacapo alla maggioranza di centrosinistra che già in passato ha avuto bisogno del Movimento 5 Stelle per non andare sotto. In quell’occasione ci fu chi ventilò l’ipotesi che le assenze dei leghisti fossero in realtà “strategiche”, vale a dire non casuali.
“Un pacco d’aula confezionato dalla Lega”, affermò Enrico Cavallari, consigliere eletto con la Lega ma approdato dopo pochi mesi al gruppo Misto e ora in forza a Italia Viva. Naturalmente negli stessi giorni Matteo Salvini, dalle piazze, lanciava strali: “Tra Virginia Raggi e Zingaretti non ne fanno una giusta in due”. Concetto ribadito anche pochi giorni fa nel corso di una riunione a Roma con i suoi amministratori locali, in cui ha annunciato che entro fine a mese verrà inaugurata a Roma, in via della Panetteria, la sede della Lega del Lazio, quartier generale in vista del voto per la conquista del Campidoglio e della Regione, obiettivi che il Capitano si è prefissato come priorità.