E se la Camera bruciasse il Senato sui tempi? Già giovedì prossimo, a Montecitorio, il Consiglio di giurisdizione presieduto dal pd Alberto Losacco potrebbe emettere la sua sentenza sui vitalizi, battendo clamorosamente Palazzo Madama e la sua Commissione contenziosa. E non perché alla Camera siano particolarmente veloci, visto che la delibera taglia-pensioni è stata approvata dall’Ufficio di presidenza ben tre mesi prima di quella del Senato. Ma perché nel regno di Roberto Fico, a differenza di quello di Maria Elisabetta Alberti Casellati, l’organo giudicante (oltre a Losacco ci sono la grillina Stefania Ascari e la leghista Silvia Covolo) ha esaminato l’enorme massa di ricorsi, circa 1.100, senza scatenare polemiche o sospetti di possibile connivenza.
Al Senato, invece, ieri mattina persino il mite Gianluca Perilli, capogruppo dei 5 Stelle, era fuori dai gangheri: “Non si può andare avanti così”. No? “Per cancellare la macchia di una sentenza già scritta e i potenziali conflitti di interesse, il lavoro deve ripartire da zero con persone nuove”, ha dettato alle agenzie, dopo aver appreso dai giornali che i due membri non senatori, l’ex procuratore di Terni Cesare Martellino e l’ex presidente dell’unione camere penali di Frascati Alessandro Mattoni, avevano deciso di astenersi. Non solo: “La commissione deve ricominciare dalle fondamenta il suo lavoro istruttorio”. In realtà, due persone nuove la Casellati le ha già trovate. Oltretevere. Sono Giuseppe della Torre del Tempio di Sanguinetto e Giovanni Ballarani, storico rettore della Lumsa (Libera università di Maria SS. Assunta) il primo, il secondo docente di diritto privato alla Pontificia università lateranense, dove la stessa Casellati si è laureata in diritto canonico.
Due figure non di secondo piano. Anzi. Il conte della Torre appartiene a una nobile famiglia (di origine padovana, come la Casellati) da sempre fedelissima al Vaticano, tanto che il nonno ha diretto l’Osservatore Romano per quarant’anni e il fratello, Raimondo, è stato eletto nel 2018 ottantesimo principe e gran maestro del Sovrano militare ordine di Malta, con la mission di placare i conflitti con la Santa sede. Lo stesso professore ha ricoperto, e tuttora ricopre, incarichi prestigiosi sotto il Cupolone. Papa Woytila lo ha voluto rettore della Lumsa nel 1991 (e lo è stato fino al 2014) nonché membro del consiglio d’amministrazione dell’ospedale Bambino Gesù, dove siede ininterrottamente dal 1993, mentre Benedetto XVI nel 2010 lo ha chiamato nel consiglio direttivo dell’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria. Soprattutto, della Torre è stato presidente del tribunale vaticano dal 1997 fino allo scorso anno quando, ormai 75enne, Papa Bergoglio ha chiamato a succedergli Giuseppe Pignatone, l’ex capo della procura di Roma. Tanto per dire l’importanza.
Grande stupore ha perciò suscitato, sulle due sponde del Tevere, la notizia che della Torre abbia accettato, insieme a Ballarani (già membro, su chiamata di Enrico Costa, dell’Osservatorio nazionale sull’infanzia e l’adolescenza durante il governo Renzi), il ben più modesto ruolo di supplente della Contenziosa al Senato. Ma vista l’abilità con cui in Vaticano ha concluso l’imbarazzante processo Vatileaks 2, dichiarando il non luogo a procedere per Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, sospendendo la condanna per Francesca Chaoqui e mandando in carcere il solo monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda (graziato dopo non molto), forse la presidente del Senato spera che un analogo miracolo la faccia uscire dagli imbarazzi in cui è finita la sua commissione. Soccorso vaticano ai vitalizi, chi l’avrebbe mai detto.