“Quando si parla di “un atto politico” non basta il fatto che un ministro soggettivamente abbia l’intenzione di agire secondo una ragion di Stato perché oggettivamente questa vada riconosciuta”. Con queste parole il costituzionalista e deputato Pd Stefano Ceccanti confuta la difesa sostenuta ieri da Matteo Salvini in aula al Senato sul caso Gregoretti, interamente incentrata sul fatto che il suo, appunto, sia stato un atto politico avendo tutelato l’interesse nazionale della difesa dei confini.
“La materia in questione è regolata dalla legge costituzionale 1/89 – spiega il professor Ceccanti – che prevede che i ministri non siano processabili per reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, a meno che la Camera di competenza lo consenta. E questa può negare l’autorizzazione a procedere se reputa che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, cioè se c’è una ragion di Stato che ne ha motivato il comportamento. Ma devono sussistere dei dati oggettivi”.
“Mai vorrò che un giudice entri qua a un giudicare un atto politico”, una delle frasi pronunciate da Salvini. Un atto di sfida nei confronti dei magistrati?
“Ogni qualvolta il Tribunale dei ministri richiede un’autorizzazione a procedere non è sufficiente addurre come pretesto la ragion di Stato, anche perché la legge costituzionale parte da un presupposto favorevole in quanto stabilisce che l’autorizzazione è concessa a meno che non votino contro la metà più uno dei componenti della camera a cui è richiesta quindi un quorum molto alto perché normalmente si va a processo e l’intenzione è non processare. Salvini ha seguito una linea difensiva basata sull’insindacabilità del suo atto politico, ma la legge costituzionale non dice questo. Deve difendersi nel caso specifico davanti ai giudici non sfidarli”.
Nel caso specifico Salvini afferma di aver agito in accordo con il resto del governo…
“L’articolo 95 della Costituzione recita che il Governo di fonda su tre principi, uno è quello di coordinamento del presidente del Consiglio, un secondo è il principio collegiale secondo il quale per alcuni atti sussiste una responsabilità collegiale e infine un terzo, cioè il principio di responsabilità di un singolo ministro per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. Salvini ha agito da solo, sulla base del terzo principio e in realtà, tirando in ballo il premier e altri ministri, sta attaccando il Tribunale dei ministri reo di non aver chiesto l’autorizzazione a procedere anche per loro”.
Cosa risponde alle accuse di Salvini secondo le quali la maggioranza sta utilizzando la magistratura per scopi politici?
“Non c’entra nulla la strumentalizzazione, questa procedura è stat introdotta nel 1989 per evitare di insabbiamento dei reati commessi dai ministri come accadeva prima. Il Senato ha agito secondo le sue prerogative”.