Prende tempo, tentenna, si fa tirare per la giacca il governatore del Veneto, Luca Zaia. A tre mesi e mezzo dalle elezioni regionali, il presidente anche ieri ha dichiarato che scioglierà la riserva sulla sua ricandidatura soltanto 45 giorni prima del voto. “Non sto facendo campagna elettorale, ho un sacco di cose da fare. In Veneto ci stiamo occupando di Olimpiadi, di Pedemontana Veneta, della partita dei Fas, dell’inquinamento, dell’autonomia e di molto altro. Le elezioni sono la sublimazione della democrazia. è bene che tutti si candidino, che vadano in piazza, magari concentrandosi di meno sugli avversari e parlando dei loro progetti”, ha affermato. Mentre lascia tutti in bilico sul suo eventuale bis, Zaia si è però blindato, modificando lo Statuto della Regione e garantendosi dieci posti in più per i suoi fedelissimi, che costeranno ai contribuenti altri sette milioni di euro.
Modificando lo Statuto, il consiglio regionale ha infatti stabilito che qualora gli eletti diventino assessori si dimettano dal Consiglio e cedano il posto ai primi tra i non eletti. Dieci poltrone in più. Tutte per gli uomini del capo. Con stipendi da 8.500 euro al mese. Abbastanza per far gridare allo scandalo sia il Movimento 5 Stelle, tramite il consigliere regionale Jacopo Berti, Manuel Brusco, Erika Baldin e Simone Scarabel, che il Pd, attraverso Piero Ruzzante, Patrizia Bartelle e Cristina Guarda, i quali hanno paventato anche un referendum abrogativo della norma. “Sette milioni in più di stipendi, dieci nominati in più, mandati illimitati Veneti: sveglia! Sentite qua come Zaia e la Lega vi hanno preso in giro. Ascoltate fino in fondo: ma ci rendiamo conto delle balle che sparano da anni?”, denuncia Berti in un video postato sulla sua pagina Facebook.
La Lega minimizza. Bolla tali polemiche come sterili. E cerca di far passare la burrasca. Zaia sposta così la discussione sui problemi legati all’alluvione e al coronavirus. “Il coronavirus – ha detto ieri incontrando i giornalisti allo stand del Veneto presso la Borsa internazionale del turismo di Milano – pesa moltissimo in termini di presenze turistiche, il governo pensi a salvaguardare la migliore industria italiana, quella del turismo, invece di pensare agli aumenti dell’Iva”. Ancora: “Stiamo parlando di un cataclisma che arriva a Venezia dopo la grande alluvione, abbiamo già avuto una comunicazione negativa dopo la grande alluvione, ci sono ancora cittadini nel mondo che pensano che a Venezia ci sia ancora l’acqua nei palazzi. Quindi il coronavirus, con i blocchi aerei e tutto quello che ne deriva, deprime ancora di più gli arrivi. Spero che tutto questo passi e si torni alla normalità”.
A quanti gli hanno chiesto se la Regione Veneto chiederà l’intervento del governo per sostenere gli imprenditori, il governatore ha infine risposto che “davanti alla più grande industria che c’è in Italia, ovvero il turismo, e davanti alla regione più grande per turismo a livello nazionale con 18 miliardi di fatturato all’anno non è che dobbiamo chiedere, penso che il governo debba avere questa come priorità che non è sicuramente quella di alzare l’Iva o altre menate del genere, perché in questo momento bisogna non complicare ulteriormente la vita agli operatori e fare in modo che i turisti tornino”. Turismo, governo, alluvione, coronavirus… Il presidente tira dritto, spara sull’esecutivo giallorosso e si erge a difensore della sua terra. Nessun cenno, prima di annunciare la ricandidatura, a quelle dieci poltrone in più a lui utilissime, ma gravose per le tasche della sua gente. Neppure una parola sul regalo ai più fedeli.