di Andrea Koveos
Una legge per misurare la rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni sindacali anche nel settore privato. Lo chiede la Confsal (Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori) che ieri ha dato il via al primo Forum LIF (Lavoro, Istruzione, Formazione) per dibattere e promuovere le politiche confederali di maggiore interesse e attualità. Un tema particolarmente caro alla confederazione autonoma che in questi anni ha riservato non poca attenzione all’argomento.
“Il motivo della nascita del Forum è avvicinare le istituzioni e la politica a quelle che sono le istanze elaborate dalla Confsal per il bene del Paese e per la tutela dei lavoratori che rappresenta”.
Così Marco Paolo Nigi, segretario generale della Confsal, spiega le ragioni che hanno spinto il sindacato a fondare il Forum. Una reale democrazia sindacale non può prescindere dal rispetto delle regole che, però, devono essere stabilite attraverso l’intervento del Legislatore. Una normativa urgente per porre un freno alla cattiva pratica del gonfiamento delle tessere.
Gli attacchi
Su questa anomalia diffusa nel nostro Paese, Nigi durante il suo discorso inaugurale presso la biblioteca del Senato, fa nomi e cognomi. Tanto per fare un esempio “l’ Ugl dichiara 2 milioni e 500 mila iscritti ma ci risulta ne abbia solo 120 mila e nel pubblico impiego non esiste”. C’è dell’altro. Nel mirino del sindacalista anche l’incontro “informale con il premier Enrico Letta che ha incontrato Cgil, Cisl e Uil. E gli altri?
Le discriminazioni non ci sono state solo con il governo Berlusconi e chi rappresenta 1 milione e 800 mila persone cosa fa? Si arrabbia ma non può fare niente”.
“Per questo – ha continuato Nigi – chiediamo con forza un legge per regolamentare la rappresentanza, seguendo il percorso del pubblico impiego dove si fanno i contratti senza conflitti arrivando a una definizione. Nel privato è un marasma. I datori di lavoro si scelgono i sindacati senza regole in una commistione assurda: c’è una negoziazione drogata e il risultato è il contrasto”. Nel pubblico, infatti, già nella metà degli anni ‘90 si parlò di accordi pattizi tra i sindacati risolti finalmente nel 2001 con il decreto legislativo 165 che ha regolato questa materia. Senza quella legge sarebbe rimasto tutto una grande conversazione senza arrivare a nessuna regola e riappacificazione. “Nel pubblico si arriva a definire un contratto ‘erga omnes’, come stabilisce l’articolo 39 della Costituzione, senza conflitti”.
L’accordo con Confindustria
A tal proposito il segretario non manca di far riferimento al recente accordo raggiunto tra i confederali e Confindustria. A Nigi non basta l’ intesa raggiunta. “Certo, firmeremo l’accordo sulla rappresentanza, siamo d’accordo ma quell’ intesa non ha forza di legge e non sarà rispettato”.
Non tutto però è negativo. Negli ultimi tempi si sono fatti notevoli progressi in questo senso, ma la criticità dei rapporti nelle relazioni industriali originata dalla “storica incertezza” sull’efficacia degli atti di autonomia collettiva richiede un intervento legislativo che coniughi il principio della libertà delle organizzazioni sindacali, costituzionalmente garantita, con quello della certezza dei rapporti giuridici.
Il modello pubblico
A riguardo, potrebbe essere utile fare riferimento all’esperienza maturata nel pubblico impiego, dov’è stata assicurata certezza di relazioni sindacali. Del resto, è evidente che solo una legge può vincolare i protagonisti delle relazioni sindacali a rispettare condizioni predeterminate per la stipula dei contratti che abbiano efficacia generalizzata nell’ambito di riferimento.
Su queste riflessioni è maturato per la Confsal il convincimento che il parlamento non possa e non debba abdicare al compito di dettare una seria regolamentazione in materia anche nell’area del lavoro privato.
Non è più ammissibile, infatti, che questa continui a soffrire di un sistema incerto, conflittuale che, per di più, contrasta con gli obiettivi di risanamento del Paese.