Con la pesante sconfitta alle regionali in Emilia Romagna, Matteo Salvini vede tramontare l’idea di una “campagna di primavera” interamente incentrata sul refrain “Conte a casa”, ma anche la pretesa di imporre con la forza i suoi candidati, i suoi temi e i suoi toni talvolta sgraditi anche in casa propria oltre che dagli alleati Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. I patti, si rispettano. Punto. è questo il messaggio neanche troppo velato che in questi giorni post voto sta trapelando in casa Forza Italia e Fratelli d’Italia diretto verso via Bellerio: in Campania il candidato deve rimanere Stefano Caldoro, già lanciato a fine novembre da Berlusconi e nelle Marche non si tocca l’esponente di FdI Francesco Acquaroli.
Ma le note dolenti potrebbero arrivare dalla Puglia, dove il candidato del centrodestra concordato da tempo è il meloniamo Raffaele Fitto: se ne faccia una ragione l’europarlamentare leghista Massimo Casanova, che appena due giorni prima del voto nella sua regione, l’Emilia Romagna, dove possiede l’ormai notissimo alle cronache Papeete, si era autocandidato a mezzo stampa a sfidare il dem Michele Emiliano. Sul suo nome Giorgia non sembra transigere ma si sa, la politica è l’arte del possibile e se per un qualunque motivo dovesse tramontare l’ipotesi Fitto, la leader di FdI ha già pronto il candidato da piazzare in Toscana: il deputato fiorentino, ex consigliere regionale, Giovanni Donzelli che intanto ha già fatto sapere che “Fratelli d’Italia presenterà presto le proprie proposte: abbiamo le idee chiare e non è necessario attendere che gli alleati propongano al tavolo nazionale il nome del candidato governatore per spiegare come renderemo la Toscana la locomotiva d’Italia”.
E’ evidente che nella struttura della leadership nel centrodestra l’egemonia salviniana mostri qualche crepa e la competizione con la Meloni è probabilmente destinata a crescere, ma anche in casa Lega inizia a serpeggiare il malumore nei confronti del modus operandi del Capitano. Nessuno ovviamente lo può dire apertamente ma sia le (deboli) scelte calate dall’alto – in Emilia Romagna Lucia Borgonzoni e in Toscana Susanna Ceccardi – sia le strategie comunicative adottate – dalla scenetta del citofono allo slogan “liberiamo il territorio” – non sono piaciute a tutti. Anche perché in Toscana, come nella regione governata da Bonaccini, c’è poco da liberare, sono posti in cui la qualità dela vita è alta. Se i toni devono essere quelli, meglio che il Capitano si faccia vedere poco (o si moderi, o scelga consiglieri diversi) e questa volta magari decida di scegliere i candidati in base al merito.
In ogni caso, con la sconfitta della Borgonzoni, la Lega in Calabria sorpassata da Forza Italia e il boom di Fratelli d’Italia, che anche in una regione rossa, ha sfgiorato l’11%, è fallita l’operazione “comando solo io”. Il rischio per Salvini è quello di essere finito in una sorta di cul-de-sac anche perché, a parte la riconferma scontatissima di Luca Zaia in Veneto (che ha già fatto sapere che non intende logorarsi in una campagna lunga mesi ma detterà lui i tempi), l’unica regione che gli resterà in primavera potrebbe essere davvero la Toscana dove il suo candidato, chiunque esso sia, dovrà essere credibile e capace di vedersela con il fortissimo Eugenio Giani, attuale presidente del consiglio regionale, appoggiato una coalizione di ben 18 forze politiche – fra cui anche Italia Viva di Matteo Renzi che in Toscana esordirà per la prima volta in una competizione elettorale – e ovviamente il Partito democratico.