di Clemente Pistilli
Responsabile di 24 omicidi, del ferimento di 102 persone e di 91 rapine, con tre ergastoli sulle spalle, dopo aver trascorso 19 anni dietro le sbarre Roberto Savi, ritenuto dagli inquirenti il leader della cosiddetta Banda della Uno Bianca, vuole uscire dal carcere. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano e ora la Cassazione gli hanno negato la semilibertà, con provvedimenti che sembrano però rendere concreta per il futuro la possibilità che all’ex poliziotto venga concesso il beneficio.
Quella della Uno Bianca è una tra le storie criminali peggiori scritte in Italia. La banda, tra il 1987 e il 1994, seminò il terrore in Emilia-Romagna, assaltando supermercati, banche, uffici postali, caselli autostradali, distributori di carburante, e soprattutto ricorrendo con estrema facilità all’uso delle armi. Nessun problema a uccidere per il gruppo criminale, che prese il nome dall’utilitaria utilizzata per compiere i diversi colpi, nessun problema a sparare a bruciapelo a poliziotti, carabinieri, nomadi, testimoni scomodi. Poi, nel 1994, la svolta nelle indagini, con l’arresto il 21 novembre proprio di Roberto Savi, bloccato mentre era in servizio alla questura di Bologna. Nel processo colpì la freddezza di quell’uomo che, a domande su efferati delitti, rispondeva “affermativo” o “negativo”. Si è anche costituita un’associazione di vittime della banda. Il 3 agosto 2006 Roberto Savi chiese la grazia ma, dinanzi al parere negativo espresso dal procuratore generale bolognese Vito Zincani, ritirò la domanda.
Ora il condannato ha tentato di nuovo di uscire dal carcere, chiedendo la semilibertà. Nell’estate scorsa il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha specificato che la domanda era ammissibile in ragione dell’entità della pena già espiata, ma ha negato il beneficio perché mancava una “relazione di sintesi che potesse consentire di verificare in modo completo i progressi nel trattamento” del detenuto e perché Roberto Savi “non aveva mai fruito di permessi né di lavoro all’esterno, di tal che ogni considerazione era esclusivamente legata all’ambiente inframurario, mancando sperimentazioni concrete di carattere esterno”. Insomma mancava la prova dell’effettiva capacità di autodisciplina del 59enne anche al di fuori del carcere. Un’ordinanza che il leader della Banda della Uno Bianca ha impugnato davanti alla Corte di Cassazione. I giudici della I sezione penale gli hanno negato la semilibertà, ma hanno avvallato l’impostazione dei loro colleghi di primo grado, lasciando aperto uno spiraglio per l’ex poliziotto. Savi diventerà semilibero? Forse.