Matteo Salvini vuole a tutti i costi mettere altre bandierine sulle regioni italiane. Dopo Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Umbria, le prossime “indiziate” sono Calabria ed Emilia Romagna. D’altronde il Capitano leghista non perde un’occasione per lanciare un messaggio più che chiaro: laddove amministra il centrosinistra i disastri sono assicurati tanto da prospettare scenari quasi apocalittici; dove invece amministra il centrodestra (meglio ancora se il governatore è leghista…) i territori rifulgono, i bilanci sorridono, i problemi svaniscono. La domanda, a questo punto, resta: al di là della “canonica” demagogia leghista in campagna elettorale, cosa ha combinato la Lega nelle Regioni in cui è al governo? La realtà è decisamente diversa rispetto a quella prospettata dal Capitano.
I conti non tornano. E il bilancio salta ovunque.
Si sono presentati come il nuovo che avanza, il vento del cambiamento, quelli che “prima noi”, ma alla prima vera prova dei fatti tre regioni amministrare dal centrodestra a trazione leghista fanno cilecca. La Sardegna di Christian Solinas (Lega), la Basilicata di Vito Bardi (Forza Italia) e l’Umbria di Donatella Tesei (Lega) sono tutte accomunate dalla decisione dell’Assemblea regionale di dare il via libera all’esercizio provvisorio di bilancio. In pratica la maggioranza (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia) non è riuscita ad approvare in tempo il bilancio per il 2020. La prima ad annunciarlo è stata la Sardegna, che è anche una delle prime regioni conquistare da Matteo Salvini nelle vittoriose tornate elettorali delle amministrative del 2019. Già a novembre la giunta sarda aveva fatto sapere che la Regione avrebbe intrapreso la strada dell’esercizio provvisorio di bilancio per tre mesi, dopo due anni di contabilità regolare. Poi è stato il turno dell’Umbria di Donatella Tesei. Nell’ex regione rossa del Centro Italia la maggioranza in Assemblea regionale ha approvato la settimana scorsa il disegno di legge della giunta per l’autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno 2020. Stessa “sorte” anche per la Basilicata che andrà in esercizio provvisorio. Insomma, più che “prima gli italiani”, “prima l’esercizio provvisorio”.
Sanità abruzzese in coma. Ora rischia il commissario.
Il Centrodestra in Regione (il presidente, Marco Marsilio, è stato eletto con Fratelli d’Italia, ma la maggioranza dei seggi in Consiglio spettano – manco a dirlo – alla Lega…) deve fare i conti soprattutto con la spesa sanitaria tornata alle stelle. Uscito dal commissariamento nel 2016, l‘Abruzzo rischia di rientrarci con un buco economico che nel 2021, se si continuerà su questa strada, raggiungerà i 70 milioni di euro. Questo nonostante i fondi messi a disposizione dal governo con un incremento costante di circa 15 milioni di euro l’anno (2019 Fsr 2.453,5 mln – 2020 Fsr 2.468,2 mln – 2021 Fsr 2.482,9 mln). Debiti che si traducono in tagli trasversali che dalla diminuzione dei ricoveri alla riduzione dei farmaci ospedalieri (taglio previsto 15 mln, meno farmaci convenzionati , taglio previsto 3,7 mln) prevede anche meno dispositivi medici in dotazione ai reparti (taglio previsto 15,2 mln), anche quelli per scopi diagnostici come Tac ed ecografi e meno servizi ospedalieri (taglio previsto 10,4 mln). É scritto nero su bianco nel Programma operativo per la sanità 2019/2020 che l’assessore alla sanità Nicoletta Verì ha presentato per delineare le linee economiche della gestione del servizio sanitario in Regione Abruzzo.
Paracadutati e riciclati. Aggiungi un posto a tavola.
L’Umbria, ovvero una giunta regionale di politici riciclati e paracadutati. Altro che Umbria agli umbri, come recita il refrain leghista in regione. Basti pensare a Luca Coletto, che non è propriamente un autoctono, ma un veronese di 58 anni. Coletto è stato a lungo assessore regionale della Sanità in Veneto di Luca Zaia, per poi diventare sottosegretario alla Salute del Governo Conte1, salvo poi ritrovarsi proprio nella giunta Tesei. Spazio, poi, anche a Enrico Melasecche, il cui cursus honorum inizia dalla Dc, per poi passare al Cdu, Udc, Forza Italia, fino proprio alla Lega. Peccato però che Melasecche, candidatosi alle regionali, ha racimolato solo 3.750 preferenze ed è il primo dei non eletti. Nessun problema: è rientrato in giunta con la delega ai Trasporti pubblici. Senza dimenticare Michele Fioroni, già assessore due volte al comune di Perugia. Oggi l’upgrade ad assessore al Turismo e al Marketing. La ragione? Essere stato stato lo spin doctor della Tesei in campagna elettorale.
La Lombardia è un treno. Ma dimentica i bambini.
No, non siamo nel Medioevo ma più prosaicamente nella Lombardia del 2019. Eppure i toni, le iniziative, le scelte che si fanno ultimamente al Pirellone lasciano pensare che dopotutto, nonostante i secoli trascorsi, la mentalità spesso rischia di restare la medesima. Com’è capitato con l’ordine del giorno presentato dal consigliere regionale M5S Simone Verni per “illuminare la facciata di Palazzo Pirelli con una scritta a sostegno della manifestazione” del Milano Pride. Peccato sia stata bocciata. Meglio illuminarlo, com’è stato fatto in passato, per il Family Day. Ma sui diritti e sul sociale non è l’unico appunto che si potrebbe fare alla giunta guidata da Attilio Fontana. L’ultima polemica riguarda gli asili nido: il consigliere regionale M5S Gregorio Mammì ha infatti predisposto una mozione urgente per il Consiglio regionale di martedì, contro la proposta di delibera sugli asili nido che, dice, “va riscritta da cima a fondo”. Il motivo? Consente alle associazioni del Terzo settore di supportare gli educatori professionali. Dunque, volontari per la cura di bambini. “Oltre a sminuire le professionalità e le competenze degli educatori, che chiama operatori – spiega Mammì – rende le condizioni di lavoro insostenibili. Le ricadute sono ovvie: meno attenzione e cura per i bambini, meno sicurezza e nessuna garanzia sulla correttezza dell’offerta formativa”. Non scherziamo con gli asili: l’impatto della delibera, su di un sistema già di suo carente, è assolutamente negativo”. che consente alle associazioni del Terzo settore di supportare gli educatori professionali.
Nominopoli in Regione. Solinas e Cirio docet.
C’è da chiedersi se non sia un bluff la tanto sbandierata “buona classe politica” della Lega. A guardare la Sardegna, qualche dubbio viene. “Pressapochismo, disprezzo delle norme e nessuna trasparenza hanno portato al blocco della Regione che non ha bilancio, non ha fatto niente sulla sanità e sta mettendo a rischio il diritto dei sardi alla continuità territoriale” è l’accusa rivolta al governo regionale ed al presidente della Regione, il leghista Christian Solinas, dal capogruppo dei Progressisti Francesco Agus nel corso di un incontro a cui hanno preso parte tutte le forze dell’opposizione. Non si tratterebbe di accuse campate in aria perché a loro supporto le opposizioni, con in testa M5S e Pd, hanno preparato un mini dossier su “dieci mesi di ritardi, proroghe e moltiplicazione delle poltrone” in enti e agenzie che inciderebbe per 3,3 milioni di euro in più all’anno sulle casse regionali. Basterebbero queste accuse per mettere in dubbio le qualità di quest’amministrazione. E come se non bastasse Solinas è anche indagato per abuso d’ufficio: le indagini riguardano la nomina dei due consulenti che il governatore sardo-leghista ha voluto nel suo staff a partire dalla scorso giugno. Si tratta del geometra Franco Magi e del perito tecnico Christian Stevelli, militanti del Partito Sardo d’Azione e fedelissimi di Solinas. “Un atto dovuto”, è come dal palazzo di giustizia considerano l’apertura di un fascicolo. Non che in Piemonte le cose vadano diversamente. Tra i tanti voluti fortemente da Alberto Cirio (Forza Italia) spicca Paolo Foietta all’Osservatorio sul Tav dopo essere stato all’osservatorio di Palazzo Chigi sull’opera. Per alcuni questa nomina non avrebbe senso dato che già si è deciso di sbloccare i cantieri. Né si può dimenticare la nomina di Enzo Ghigo, uomo di Forza Italia ed ex governatore, a capo del Museo del Cinema di Torino. Nonostante non abbia, almeno apparentemente, alcuna competenza in materia.
Basilicata immobile. Ha vinto il gattoBardismo.
Poco più di nove mesi fa i lucani si recavano alle urne. A distanza di nove mesi molte risposte tardano ad arrivare dalla nuova leadership regionale a guida Vito Bardi. E le promesse sono rimaste tale. Le decisioni di carattere amministrativo e di indirizzo politico della giunta Bardi sono avvolte nella nebbia. Si attendono. È emblematico quanto successo lo scorso 30 dicembre quando sono state rinviate due importanti discussioni – la nomina del nuovo Amministratore unico dei SEL (Società Energetica Lucana) in quota Lega e il ddl di riordino dell’Arpab – perché, questa la motivazione ufficiale, le condizioni meteo erano avverse. Non contenti, si continua a rinviare e a evitare anche il dibattito sulla questione Total in Consiglio Regionale, “organo che – a detta dei 5S – la Giunta Bardi sembra stia cercando di svilire giorno dopo giorno”.
(Ha collaborato Maria Trozzi)