Nel 2018, Alphabet/Google, Amazon, Apple, Facebook, Microsoft e Netflix hanno conseguito complessivamente 692 miliardi di euro di ricavi nel mondo, un valore quattro volte superiore a quello delle principali imprese di TLC e media tradizionali. Le piattaforme mostrano un’elevata globalizzazione, realizzando quasi la metà del proprio fatturato al di fuori del continente domestico, a fronte di una quota del 15% per le TLC&Media company. Maggiore per le piattaforme è anche la produttività del lavoro: nel complesso, un loro dipendente produce il 53% di ricavi in più di un dipendente delle imprese di TLC e media (0,7 vs. 0,4 milioni di euro per dipendente). E’ quanto rileva il primo Osservatorio sulle piattaforme online pubblicato oggi dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom).
L’Osservatorio, che avrà una cadenza annuale, “si inserisce tra le attività di monitoraggio dei settori di interesse istituzionale dell’Agcom, nella consapevolezza del ruolo assunto dalle piattaforme non solo per i settori delle comunicazioni, ma per l’intera economia e società moderna”. In media, le piattaforme presentano una profittabilità lorda del 49% e un margine operativo pari al 21% dei ricavi, corrispondente a 24 miliardi di euro. Ingenti sia le spese sostenute dalle piattaforme in innovazione (13 miliardi in media nel 2018), sia gli investimenti in asset patrimoniali (195 miliardi complessivi in 3 anni). Molto elevate risultano la redditività del capitale proprio (32% in media negli ultimi 3 anni) e del capitale investito (15% il ROI medio degli ultimi 3 anni). Valori decisamente superiori a quelli rilevati per le principali TLC&Media company e per le oltre 2.000 maggiori imprese italiane.
A livello mondiale, le piattaforme considerate occupano le prime posizioni in tutti i settori di attività in cui operano, e le quote di mercato delle piattaforme che si collocano al primo posto non sono mai inferiori al 30%. Anche la diffusione presso gli utenti nei servizi gratuiti offerti dalle piattaforme appare molto concentrata, con gli individui che, per la fruizione di un servizio, si rivolgono per lo più esclusivamente alla piattaforma prevalente.
Inoltre, nei settori in cui le piattaforme sono i principali operatori si riscontra la sussistenza di ostacoli per la crescita per i nuovi entranti: nel 2018, si stima che un’impresa, per raggiungere la soglia di profitto nel mercato mondiale dell’e-commerce, debba realizzare oltre 50 miliardi di euro di ricavi, mentre il break-even point di un motore di ricerca è stimato al di sopra dei 20 miliardi; superiore ai 10 miliardi anche la dimensione ottima minima di un social network non specializzato.
Sotto il profilo dei dati acquisiti dalle piattaforme, si stima che il valore annuo di quelli generati dagli utenti attraverso ricerche (search), social network e intrattenimento gratuito oscilli tra i 10 e i 40 euro per utente. Peraltro, il valore dei dati individuali riflette la disponibilità a pagare dei cittadini: i dati di un utente medio statunitense valgono, ai soli fini pubblicitari, circa 150 euro in un anno nel search e oltre 90 euro nei social, 3 volte tanto quelli degli europei, e 15-18 volte quelli degli utenti che si trovano in Paesi in via di sviluppo.