Come previsto il processo contro l’esponente radicale Marco Cappato, accusato di aiuto al suicidio per aver accompagnato Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, a morire in una clinica Svizzera nel febbraio 2017, si è concluso con una assoluzione con la formula ‘perché il fatto non sussiste’. La sentenza è arrivata oggi a Milano dopo la sospensione per la decisone della Consulta sul fine vita. La difesa di Cappato aveva sollecitato la sua assoluzione chiedendo alla Corte d’Assise di Milano di fare “un passo avanti” e di avere “coraggio giuridico”.
La sentenza della Corte costituzionale al “principio di sacralità della vita (…) sostituisce la tutela della fragilità umana”, aveva detto il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano nella requisitoria di questa mattina, durante la quale ha spiegando che nel caso di dj Fabo ricorrono tutti e 4 i requisiti indicati dalla Consulta che ha tracciato la via sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio, reato di cui rispondeva Cappato e per questo andava assolto.
“E’ una giornata storica e un grande risultato perché la decisione della Corte realizza pienamente il significato dell’articolo due della Costituzione che mette l’uomo al centro della vita sociale e non anche lo Stato” ha detto il procuratore aggiunto Siciliano dopo la lettura della sentenza, aggiungendo che “ora è compito del legislatore colmare le lacune che ancora ci sono”.
Alla lettura della sentenza, accolta con un lungo applauso, era presente anche la fidanzata di dj Fabo, Valeria Imbrogno. “Fabiano – ha detto Valeria – mi avrebbe chiesto di festeggiare, siamo arrivati alla vittoria per lui: ha sempre combattuto, sono felice. La battaglia continua per tutti gli altri, quando ha iniziato voleva proprio che fosse una battaglia di libertà per tutti e oggi ci è riuscito”. Durante l’ultima udienza del processo, quella celebrata oggi, Cappato, che come sempre era presente in aula, ha ricevuto la notizia della morte della madre, malata da tempo.