Ah, questi giornalisti! Proprio ieri, mentre infuriavano le polemiche sui quindici emendamenti alla Finanziaria, a partire da quello sulla cannabis light, soppressi d’imperio dalla presidente del Senato tra gli applausi dell’opposizione, Maria Elisabetta Alberti Casellati ha offerto il tradizionale brindisi pre-natalizio alla stampa parlamentare. Ma prima dell’assalto alle tartine ha tenuto a dare una lezioncina ai presenti: “C’è giornalismo e giornalismo. C’è un giornalismo fatto di professionalità, passione, devozione, di sacrificio e spesso di drammi”, li ha bacchettati, citando Mauro De Mauro, Giancarlo Siani, Ilaria Alpi, e ricordando che “nel 2019 i giornalisti sotto scorta sono aumentati da 18 a 22 e che sono stati più di 400 i giornalisti e blogger destinatari di intimidazioni e minacce alla propria incolumità”.
E’ quello il giornalismo che “va difeso e tutelato, quello che privilegia i contenuti alla facile polemica, l’approfondimento alla congettura, e insegue la verità e non il sensazionalismo”. E tutti gli altri? Dietro la lavagna, probabilmente. Soprattutto quelli non allineati, come a La Notizia, che non si accodano alla narrazione entusiastica su “la prima donna presidente del Senato” ma osano analizzarne le gesta e denunciarne i favoritismi, gli inciuci, le arroganze. Come l’ultima trovata della signora in occasione della legge di bilancio. Tra le vittime dei 15 emendamenti soppressi “dopo istruttoria tecnica” del Senato (la filiera della cannabis light, i milioni di destinatari delle bollette elettriche, gli uffici della Pubblica amministrazione cui è stato confermato il blocco del turn over…) se ne salva una illustre: l’Avvocatura dello Stato. Mentre per la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato le nuove assunzioni continuano a essere una chimera, per l’Avvocatura stranamente c’è il via libera.
GIRO CURIOSO. Curioso. Proprio all’Avvocatura, a due passi dal Senato, lavora la figlia di Nitto Palma, ex ministro berlusconiano alla Giustizia e capo di gabinetto della Casellati. Eleonora Palma è infatti procuratore nella VII sezione, quella che si occupa di istruzione, università e ricerca, Cnr, infrastrutture e trasporti e che è diretta da Vincenzo Nunziata, una lunga carriera come consigliere giuridico di ministri di ogni colore e, da fine novembre, terzo amministratore straordinario per il Consorzio Venezia Nuova. Nominato dal prefetto di Roma con un compenso per ora imprecisato (gli altri amministratori viaggiano sui 240 mila euro l’anno) dovrà “garantire una maggiore speditezza nel completamento dell’opera” più cara ai veneti come la Casellati: il Mose. Raccontarlo è buono o cattivo giornalismo? Probabilmente non è gradito alla signora, che col giornalismo indipendente ha sempre mostrato poca dimestichezza.
BRUTTA LEZIONE. A partire dal caso di Roberta Polese, cronista padovana del quotidiano Epolis, che nel 2010 ha osato scrivere che il genero della Casellati, Marco Serpilli, aveva ricevuto una consulenza da 250mila euro dall’Arpa Veneto e che i magistrati stavano indagando. Doge del Veneto era allora Gian Carlo Galan, poi condannato per corruzione, uno dei più cari amici di Queen Elizabeth. La Casellati ha denunciato la giornalista chiedendo 250 mila euro per l’onore infangato ma nel 2013 i giudici le hanno dato torto: si trattava, giustamente, di diritto di cronaca. Per non presentare ricorso ha comunque chiesto e ottenuto dalla Polese, disoccupata dopo la chiusura di Epolis e con due figli piccoli a carico, il rimborso di metà delle spese legali.
SENZA SCONTI. Chissà se questo episodio, insieme alle lettere inviate a casa dei giornalisti del Fatto per minacciare azioni legali, è stato calcolato ieri dalla presidente del Senato tra le “intimidazioni e minacce” alla stampa che le destano tanto allarme. O se gli autori si erano, ai suoi occhi, resi colpevoli di “facile polemica”, “congettura” e “sensazionalismo”. In ogni caso La Notizia continuerà a seguirla e a dare notizie. Come fa anche oggi.