di Lapo Mazzei
Prima o poi doveva arrivare. Come l’influenza all’inizio dell’inverno, due giorni a letto e passa tutto. E così il governo del faremo, visto che nemmeno il decreto del fare corrisponde al verbo usato, ha incassato la sua prima fiducia. Alla Camera il “decreto emergenze” è stato approvato con 383 sì. I presenti e i votanti in aula sono stati 537, la maggioranza era di 269 voti, i no sono stati 154. Subito dopo la fiducia Montecitorio ha dato il via alla discussione con una serie di emendamenti. L’aula ha poi rivotato con 336 voti favorevoli e nessuno contrario. Sono stati 133 gli astenuti. Già approvato dal Senato, il decreto prevede misure per la ricostruzione delle zone terremotate in Abruzzo, affronta l’emergenza rifiuti a Palermo e cerca di assicurare la realizzazione nei tempi previsti l’ Expo 2015.
Deputati in fuga
Sin qui il quadro tecnico. Necessario, però, per farsi l’idea di come il governicchio guidato da Enrico Letta si stia muovendo con sobrietà democristiana quando invece servirebbe un ariete. Ma questo è quel che passa il convento, con le larghe intese che si vanno riducendo ogni giorno che passa. Rispetto al voto dell’insediamento del 29 aprile, il governo ha perso 70 voti, causati dalle assenze di deputati di maggioranza. E qui ognuno la può pensare come vuole. La casta che il venerdì non lavora. Deputati in fuga dalla maggioranza. Fratelli coltelli. Insomma, ogni commento è azzeccato. Perché altra spiegazione non c’è, se non quella di eletti che non rispettano il mandato. A margine dei lavori il premier ha risposto a una domanda sulla sentenza della Consulta e su Silvio Berlusconi, sollecitata da molti esponenti del Pdl, a partire dall’ex ministro Sandro Bondi. «Immagino sia rimasto deluso, ma le sue parole pubbliche sono state senz’altro corrette e collaborative». Una frase saponetta, buona per tutte le stagioni, che non piace affatto a un pezzo del Pd e ai sindacati. Ai quali in modo particolare preme capire come il governo vuole aggredire la grave crisi socio-economica che sta mettendo in crisi il Paese.
La frustata della Camusso
In particolare la leader della Cgil, Susanna Camusso, ha caricato a testa bassa contro il governo. «Noi abbiamo la sensazione che i dossier si moltiplichino e che non si decida sui singoli capitoli. Troppi annunci e poche decisioni. Il dibattito Imu-Iva dimostra che si continua a stare dentro gli echi della campagna elettorale più che tirar fuori il Paese. Il tema non è quali forme di flessibilità, ma quali investimenti » ha continuato, sottolineando che sugli incentivi «c’è un rischio di difetto di efficacia se si fa solo quello. Non abbiamo nessuna illusione che sia questo da solo il provvedimento che può determinare un’effettiva ripresa. Il governo deve investire e guardare molto al territorio. Se non si riparte dal lavoro non c’è una nuova stagione di sviluppo e crescita per il Paese – ha aggiunto – e bisogna lavorare sul terreno della domanda». Non a caso quest’oggi i sindacati saranno in piazza a Roma. Più che una protesta, si tratta di un campanello di allarme per l’esecutivo. Stando ai numeri elaborati dall’Osservatorio Cig della Cgil Nazionale, diffusi alla vigilia della manifestazione unitaria “Lavoro è Democrazia”, sono oltre 520mila i lavoratori in cassa integrazione a zero ore da inizio anno, frutto di circa 460 milioni di ore messe a segno nei primi cinque mesi, con pesanti riflessi in busta paga per i lavoratori coinvolti, ovvero una perdita secca di reddito per 1,7 miliardi, pari a una riduzione del salario di circa 3.300 euro, al netto delle tasse, per ogni singolo lavoratore.