Tanti soldi destinati, pochi soldi utilizzati. Almeno per gli scopi per cui quelle stesse donazioni sono state pensate. Non c’è altra conclusione possibile per commentare la gestione dell’8×1000 a diretta gestione statale. Come si sa, infatti, la quota delle dichiarazione dei redditi, oltre che alle varie confessioni religiose (tra le quali la Chiesa cattolica fa la parte da leone per via di un meccanismo più volte condannato dalla Corte dei Conti), finisce in minima parte anche allo Stato.
Parliamo di un fondo tramite il quale il nostro Paese potrebbe finanziare il restauro e la tutela dei beni culturali, progetti contro la fame nel mondo, altri contro le calamità naturali e per assistere i rifugiati. Il condizionale, però, è d’obbligo visto com’è andata negli ultimi anni. Basti pensare che nel 2011 e 2012 non è stato ammesso a finanziamento nessuno dei progetti presentati semplicemente perché il fondo è stato completamente prosciugato e utilizzato per altri scopi. Né è andata meglio nel 2013, quando nonostante i migliaia di progetti presentati nei vari ambiti di intervento, soltanto 4 sono stati ammessi a finanziamento, tutti riguardanti la fame nel mondo. Con buona pace delle altre categorie.
BRACCINO (DI STATO) CORTO. E arriviamo così al 2018. Secondo i documenti che Palazzo Chigi ha presentato alle Camere (la delega per questi progetti ricade direttamente nelle mani della presidenza del Consiglio) il finanziamento destinato ai vari progetti presentati ammonta a circa 27 milioni di euro. Il che lascia tristemente sorridere se si pensa che ogni anno i contribuenti che sbarrano sull’opzione “Stato” non sono pochi. Stando ai dati del dipartimento Finanze del ministero dell’Economia, infatti, le donazioni allo Stato sono pari ogni anno a rica 170 milioni di euro. Nella fattispecie, nel 2018 sono stati assegnati allo Stato (redditi 2014) 175 milioni di euro. In pratica sarà destinato concretamente ai progetti che ricadono nell’ambito della gestione statale solo il 15% circa del totale.
I PROSSIMI FINANZIAMENTI. Questo spiega perché, a conti fatti, i progetti finanziati sono decisamente pochi rispetto a quelli presentati. In totale, infatti, considerando le quattro categorie disponibili, sono stati 277 i progetti presentati. Di questi, sono stati ammessi a valutazione 170. Alla fine, però, soltanto 78 progetti sono stati premiati e, dunque, finanziati. Il dato più interessante, visti i giorni che grosse fette d’Italia hanno vissuto con il maltempo e le alluvioni, è proprio la categoria delle “calamità naturali”: presentati 41 progetti, valutati 26, finanziati soltanto 6.
Non sarà finanziato, per dire, il Comune di Spoleto (nonostante sia stato ammesso a valutazione) che aveva chiesto fondi per “il superamento rischio frana individuato dal Pai (Piano di Assetto Idrogeologico, ndr) nell’area dell’Ancaiano”; né lo sarà il Comune di Roma che, a sua volta, aveva avanzato un progetto relativo alla “stabilizzazione dell’area in frana posta tra Via Moricca e Villa Veschi” nel XIII Municipio. E così via. Stesso discorso per la “Fame nel mondo”: finanziati 27 progetti su 107 inizialmente presentati (e 92 valutati). Per l’assistenza ai rifugiati, i progetti finanziati saranno 34, circa la metà di quelli presentati (60). Ancora peggio va in relazione alla conservazione dei beni culturali: 11 progetti finanziati sui 69 presentati. Ma qui la “colpa” è di chi ha presentato i progetti stessi: 57, infatti, non sono stati proprio ammessi.