Se non si tratta di una vera e propria bocciatura, possiamo considerarci “rimandati a settembre”. Non si può riassumere diversamente il contenuto dell’ultimo rapporto Pisa (Programme for International Student Assessment) del 2018 con cui l’Ocse valuta, trimestralmente, gli studenti quindicenni in tutto il mondo per stabilire se abbiano acquisito le conoscenze e le competenze essenziali per entrare a far parte della società. Un report in cui vengono soppesati tre ambiti, rispettivamente la lettura, la matematica e le scienze, e dal quale emerge una fotografia choc del nostro Paese.
Senza girarci troppo intorno, secondo gli esperti i nostri ragazzi non migliorano nella capacità di leggere o comprendere un testo, presentano enormi difficoltà nelle scienze per via dei quali si piazzano sotto la media Ocse e, cosa ben più grave, i dati mostrano addirittura che le capacità scientifiche e di lettura sono inferiori rispetto a quelle rilevate nei loro coetanei dieci anni fa. Unica nota positiva la matematica, con i quindicenni italiani che risultano in media con gli altri paesi dell’indagine. Ma oltre al danno c’è anche la beffa perché per trovare un indicatore in cui superiamo la media Ocse, bisogna guardare al non lusinghiero dato sulla percentuale di studenti che hanno saltato la scuola nelle due settimane precedenti il test Pisa; se nei Paesi analizzati è successo solo a uno studente su cinque, pari al 21% del campione, tra gli studenti italiani il numero è quasi triplo assestandosi al 57%.
RIFORME DISASTROSE. A questo punto non si può fare finta di niente e si deve chiaramente parlare di una debacle preannunciata e che affonda le sue radici in decenni di malgoverno del settore educativo, nonostante diverse riforme che evidentemente non hanno prodotto i risultati sperati. Dati alla mano, si nota un tracollo verticale tra le rilevazioni del 2003 e quelle odierne. Così alla faccia della buona scuola di Matteo Renzi, o della precedente riforma di Mariastella Gelmini, bisogna rimboccarsi le maniche per recuperare posizioni e ridare un futuro e una speranza al nostro Paese.
Lo sa bene il ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti (nella foto) secondo cui: “Questi risultati ci preoccupano perché è un problema che ci trasciniamo da troppo tempo” e “se ora non interveniamo rischiamo di pregiudicare il futuro di una generazione”. I dati, conclude amaro il ministro, “sono molto peggiori di quelli di una ventina di anni fa. Se paragonati al Duemila” emerge “una significativa difficoltà del mondo scolastico italiano” e “per questo bisogna tornare ad investire con forza nella scuola”.