di Astrid Nausicaa Maragò
Il Ministero dell’Istruzione si appresta a varare una piccola rivoluzione in materia di studenti con bisogni educativi speciali. Le novità dovevano riguardare l’anno scolasto 2014/2015, ma sembra proprio che le amministrazioni competenti per territorio siano già in movimento per anticipare le nuove regole al prossimo settembre. Il ministro Carrozza infatti ha ripreso in mano la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 che fornisce le indicazioni operative e gli strumenti d’intervento per gli alunni con Bes (bisogni educativi speciali). Ma se l’annunciata riforma promette una razionalizzazione, di razionale sembra in concreto avere ben poco.
La conseguenza immediata sarà infatti la perdita del posto di lavoro per ben 11 mila insegnanti precari specializzati nel sostegno. Un alto prezzo da pagare per far sì che 26 mila cattedre siano trasformate in organico di diritto, passando quindi ai posti di ruolo. Il potenziamento del sistema dei Bes servirebbe quindi proprio a ridurre il fabbisogno di docenti di sostegno. Attraverso questa normativa il numero dei posti di sostegno passerebbe dagli attuali 101 mila, tra organico di diritto e organico reale, a novantamila. Un baratto, questo, che ha già messo in allarme i sindacati di settore che accusano il Ministero di procedere a un’operazione illegittima senza neanche aprire un dibattito pubblico su scelte che implicano tagli di tale gravità.
Le conseguenze
Qualora la direttiva venisse applicata, gli insegnanti di sostegno specializzati, vale a dire quelli che hanno seguito i corsi mirati a queste peculiari necessità didattiche, sarebbero assegnati esclusivamente agli alunni portatori di disabilità certificate come “gravi”. La normativa attualmente in vigore, al contrario, lascia l’ultima parola alla decisione dell’equipe medica, a quella psicopedagogica e in ultimo ai gruppi di lavoro scolastico (come Gliss e Glh).
Il rischio è che quindi, con il nuovo ordine, gli alunni con disabilità considerate “lievi” ma certificate dall’autorità sanitaria, rimangano privi di aiuto. I ragazzi con problemi di apprendimento non ritenuti gravi (ma certificati) sarebbero affidati agli insegnanti curricolari non specializzati. che si troverebbero a doverli gestire insieme agli altri numerosi alunni della classe.
Non bisogna trascurare che la riduzione delle cattedre negli ultimi anni ha comportato l’accorpamento delle classi cosiddette “pollaio”, composte da oltre trenta alunni, che includono anche i ragazzi con necessità di sostegno.
La manovra di cui si discute andrebbe quindi a scapito della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento degli alunni stessi.
I numeri
Fino al 2006 l’organico dei posti di sostegno era fissato in 48.693 unità. Con la Finanziaria del 2007 si è provveduto a un incremento di circa 15.000 cattedre. Allo stato attuale, a fronte di 63.348 posti in organico di diritto, risultano attivati 101 mila posti in conseguenza da una parte, della sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che poneva un limite per le cattedre in deroga, e in secondo luogo in ragione dell’aumento, pari a diciottomila unità negli ultimi sei anni, degli alunni che necessitano il sostegno. Attualmente, quindi, in considerazione della normativa vigente, il rapporto medio nazionale tra alunni e docenti di sostegno è di uno a due. Secondo quanto dichiarato dallo stesso Ministero, quindi, difficilmente i tagli potranno colpire un numero di cattedre che porti a un livello al di sotto delle 90.000 unità.
L’azione annunciata dal Ministero prevede di procedere in parallelo con lo sviluppo del sistema previsto dalla direttiva del dicembre 2012 per migliorare l’azione a favore del sostegno alle disabilità e alla fragilità degli studenti a scuola, i cosiddetti bisogni educativi speciali, implementando una rete di supporto su base territoriale e la formazione specifica per i docenti e la realizzazione di piani didattici ed educativi personalizzati.
Le mobilitazioni
Ma quanto stabilito nei programmi ministeriali non è accolto con favore dai sindacati di settore, che promettono di dare battaglia per quegli 11 mila posti, un prezzo troppo caro da pagare in cambio delle immissioni a ruolo promesse dal Ministero. L’Anief spiega che una riforma in tal senso avrebbe nel sistema scolastico un impatto drammatico, e che il primo inevitabile passo per difendere il diritto degli insegnanti a rischio sarà quello di presentare un ricorso al Tar. Ma la nuova disciplina non rimarrà impermeabile alle rivendicazioni dei genitori, già molto preoccupati, degli alunni che hanno diritto secondo la legge vigente di accesso al sostegno. Sarà loro premura impugnare il provvedimento per ottenere che ai loro figli non sia negata la necessaria assistenza allo studio. All’inizio del nuovo anno scolastico manca ancora molto tempo, ma le famiglie sono pronte a prendere le contromisure per evitare che la perdita di questo diritto fondamentale per la crescita e l’integrazione dei ragazzi si concretizzi.
Un flop annunciato
Queste novità si annunciano fallimentari, e per di più costose. Basti pensare che per provvedere ad una formazione adeguata e obbligatoria degli insegnanti curriculari, in modo tale da renderli idonei alla gestione degli alunni con bisogni educativi speciali, l’Istruzione andrebbe incontro a costi enormi, che non giustificherebbero quindi in alcun modo i tagli al personale specializzato messi in conto.