Chissà cosa starà pensando chi aveva bollato come un’inezia l’inchiesta sulla Fondazione Open, l’ex cassaforte renziana chiusa nel 2018. Già perché più che sgonfiarsi il caso per il quale è indagato il presidente di Open Alberto Bianchi, sembra prendere una brutta piega perché ieri i finanzieri hanno effettuato oltre venti perquisizioni tra Firenze, Milano, Torino, Roma, Napoli, Parma, Bari, La Spezia, Pistoia, Alessandria e Modena.
Questa volta a finire nel mirino dei militari, coordinati dal procuratore capo Giuseppe Creazzo e dal procuratore aggiunto Luca Turco, sono i finanziatori che a suon di elargizioni, la cui regolarità è appunto oggetto d’indagine da parte della procura toscana, hanno sostenuto le iniziative politiche e l’ascesa di Matteo Renzi, a partire dall’organizzazione della Leopolda, fino alla corsa per la conquista della segreteria dem e al suo approdo a Palazzo Chigi. Non solo. Tra i destinatari delle perquisizioni effettuate ci sarebbero anche una decina di imprenditori, risultati legati da rapporti di tipo finanziario con un consigliere della Fondazione vicina ai renziani e altri fedelissimi, come Matteo Carrai.
GROSSO GUAIO. Stando al decreto di perquisizione, in queste ore l’attenzione dei magistrati si starebbe concentrando proprio sulle attività di Open ossia il sostegno alle primarie del 2012, al Comitato per ‘Matteo Renzi segretario’ e, questa la vera novità dell’inchiesta, su alcune ricevute di versamento da parlamentari. Un punto, questo, che sta facendo tremare i polsi alla politica italiana perché, si legge nell’atto, “la fondazione Open ha agito come articolazione di partito, ha rimborsato spese a parlamentari, messo a loro disposizione carte di credito e bancomat”. Proprio questi documenti bancari, stando a quanto trapela, sarebbero stati al centro delle perquisizioni di ieri per cercare riscontri che potrebbero far prendere una piega diversa all’indagine.
Ma c’è di più perché gli investigatori avrebbero individuato legami sospetti tra le prestazioni professionali rese dall’avvocato Bianchi e da collaboratori del suo studio, e i finanziamenti percepiti dalla Open. Insomma si ingarbuglia l’inchiesta che sta creando non pochi imbarazzi all’attuale leader di Italia Viva. Un fascicolo delicato in cui dopo l’iscrizione al registro degli indagati dell’ex presidente della Fondazione, accusato di traffico d’influenze illecite e finanziamento illecito ai partiti, si sono aggiunti altri nominativi su cui, in questa delicata fase, gli inquirenti intendono mantenere il massimo riserbo. A questi, come emerge dall’atto, vengono contestati a vario titolo i reati di riciclaggio, autoriciclaggio, appropriazione indebita aggravata, false comunicazioni sociali.
DIFESA A OLTRANZA. “Rinnovo la mia piena collaborazione con la magistratura affinché sia fatta chiarezza prima possibile sull’indagine che mi riguarda”. Ad affermarlo, con una nota, è stato l’avvocato Bianchi secondo cui: “Sin da subito mi sono messo a disposizione fornendo qualsiasi atto mi fosse richiesto. Del resto tutte le entrate e le uscite della Fondazione Open sono tracciabili, perché avvenute con bonifico, carte di credito… È stato fatto tutto alla luce del sole”.
Che la Fondazione Open fosse stata importante per l’ascesa politica di Matteo Renzi, è cosa nota. Del resto in sei anni di attività, ossia dal 2012 al 2017, è riuscita a raccogliere 6,7 milioni di euro in donazioni di privati che, all’epoca, avevano puntato sull’astro nascente della politica italiana. Al vertice di Open c’era l’avvocato Alberto Bianchi che ha supportato Renzi dalla campagna per la segreteria dem, fino al referendum costituzionale del 2017 che, bocciato dall’elettorato, ha segnato la fine della fondazione stessa.
“Perquisire a casa – sostiene su Facebook Renzi – e in azienda, all’alba, persone non indagate che hanno dato lecitamente contributi alla fondazione Open è un atto senza precedenti nella storia del finanziamento alla politica. I finanziamenti alla fondazione sono tutti regolarmente tracciati: trasparenza totale! Due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo. Aprendo indagini per finanziamento illecito ai partiti! Ma come? Se era una fondazione, come può essere finanziamento illecito a un partito?”.
“E allora – afferma ancora il leader di Italia Viva – chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall’articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini”.