Il rischio che corre Luigi Di Maio è quello di venir sconfessato due volte. La prima risale alla sera di giovedì quando gli attivisti M5S hanno bocciato la proposta del capo politico di una “pausa di riflessione”, ovvero di non presentare liste in Emilia-Romagna e Calabria. La seconda bocciatura rischia di arrivare sulla questione alleanze. Il M5S si trova a un bivio: correre da soli o replicare sui territori il patto che a livello nazionale esiste col Pd. Il giorno dopo la (prima) sconfessione, Di Maio detta la sua linea: “Gli iscritti hanno detto no a tatticismi e a manovre di palazzo. Ci presenteremo da soli”. Che trova conferma nell’incontro tra Di Maio e i coordinatori per le Regionali: presenza del Movimento con liste civiche collegate e nessuna alleanza col Pd.
Per la Calabria il candidato indicato è il docente universitario Francesco Aiello che scioglierà la riserva tra qualche giorno. Per l’Emilia-Romagna gli attivisti proporranno su Rousseau la propria candidatura. Il ministro degli Esteri nega che il voto alle Regionali possa avere ripercussioni sul governo. Come del resto fa il premier. Eppure non c’è dubbio che un’eventuale sconfitta in Emilia-Romagna porterebbe a una riflessione sul Conte II. Il candidato democratico per la Regione rossa per eccellenza, Stefano Bonaccini, avvisa i pentastellati sulla scelta di correre da soli: così si fa “un regalo alla destra”. “Il M5S non governa in nessuna delle 20 regioni – dice – credo che una domanda se la debba porre rispetto alla capacità di condizionare le politiche del territorio”. E poi tende la mano: “Credo ci siano molte più cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono”.
Il numero uno del Pd Nicola Zingaretti esprime rispetto per il travaglio in casa M5S. E se il ministro Lorenzo Guerini non dispera che alla fine si possa convergere su Bonaccini, Andrea Orlando avverte: “Una divisione della coalizione che oggi sostiene il governo è un assist a Salvini”. La tesi Di Maio, poi, di andare da soli è tutta da verificare. Non solo in Emilia-Romagna ci sarebbero consiglieri grillini a contestarla, anche a livello nazionale viene messa in discussione. Roberta Lombardi e il vicepresidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo chiedono che venga messa ai voti su Rousseau. Mentre crescono le voci critiche nei confronti della leadership di Di Maio. Il senatore Emanuele Dessì chiede “una gestione collegiale”. “L’uomo solo al comando scoppia”, incalza il presidente commissione Antimafia Nicola Morra.
“Dobbiamo dialogare con le forze di centrosinistra per far fronte comune. Solo così ce la potremo fare ma a condizione che si cambi lo Stato Maggiore dell’esercito”, dice il deputato Giorgio Trizzino. “Quello che urge è un momento di riflessione importante sul Movimento”, dice più in generale il presidente della Camera Roberto Fico. Mentre il premier invoca tempo per consentire al M5S di completare “questa fase di transizione”. Una prima resa dei conti ci sarà mercoledì prossimo quando, alla presenza di Di Maio, si terrà l’assemblea dei parlamentari. Il giorno prima al Senato è in programma una riunione: sul tavolo anche la riforma del regolamento del gruppo, considerata da alcuni una via per limitare il potere attribuito al capo politico. Ma soprattutto l’attenzione del Pd e di tutti è sulle indicazioni che arriveranno da Beppe Grillo. “Se ci stiamo biodegradando? Siete diventati comici voi”, ha replicato al suo arrivo a Roma ai cronisti il fondatore del Movimento.