Se non verrà trovata una soluzione e le acciaierie di Taranto chiuderanno i battenti, lo Stato rischia di dover spendere 208 milioni di euro in ammortizzatori sociali. A lanciare l’allarme è stato l’Osservatorio statistico dei Consulenti del Lavoro. I consulenti hanno spiegato poi più nel dettaglio che “è prevista una spesa certa di 74,9 milioni di euro per la cassa integrazione, alla quale, in caso di un ulteriore ricorso agli ammortizzatori sociali per l’80% degli attuali dipendenti attivi a seguito del dietrofront di ArcelorMittal, si aggiungerà una spesa di ulteriori 132,7 milioni”.
Un salasso. Senza contare gli ancor più salati costi sociali. Una situazione che continua a turbare i sonni di lavoratori, imprenditori, politici e sindacalisti. Tanto che ieri il ministro del lavoro, Nunzia Catalfo (nella foto), ha nuovamente definito inaccettabili cinquemila esuberi. “Come Ministero del lavoro – ha assicurato la Catalfo – accompagneremo la fase negoziale, se ci sarà, con tutta la nostra disponibilità: è chiaro che c’è un contratto che va rispettato e che cinquemila esuberi non sono accettabili”.
Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, è invece tornato a spingere sull’ipotesi della nazionalizzazione, più volte paventata soprattutto dalla sinistra. “Serve uno strumento – ha affermato il numero uno della Uil – perché l’unico periodo in cui il Sud si è avvicinato al resto del Paese è stato con la Cassa del Mezzogiorno, uno strumento, insomma, che colmi il gap infrastrutturale, produttivo, economico e sociale con il Nord”.