ArcelorMittal sempre più accerchiata. Aumenta il pressing degli organi giudiziari e di quelli politici e istituzionali. E così, da una parte, le procure di Taranto e Milano procedono senza tregua con le indagini, dall’altra premier e ministri lavorano per un accordo con la multinazionale dell’acciaio. Mentre vigila con la massima attenzione il Capo dello Stato: “Solidarietà e vicinanza a Taranto, investita, in questi giorni, da una grave questione, la cui soluzione – dice Sergio Mattarella – è di primaria importanza per l’economia e il lavoro italiani”.
In attesa che venerdì prossimo il premier Giuseppe Conte rivedrà il patron Lakshmi Mittal (nella foto), le diplomazie continuano a lavorare sottotraccia. E così se nella giornata di lunedì il numero uno del Mise Stefano Patuanelli ha avuto un primo confronto con il figlio del fondatore Aditja e l’ad Lucia Morselli, nel corso del fine settimana Morselli, secondo l’Ansa, avrebbe lasciato intravedere al ministro del Mef Roberto Gualtieri la possibilità che l’azienda faccia un passo indietro sul recesso dal contratto. A Palazzo Chigi le controproposte che Conte metterà sul tavolo includono ripristino dello scudo penale – una norma valida erga omnes e legata all’articolo 51 del codice penale – costi di affitto, ammortizzatori sociali, proroga per l’altoforno 2, coinvolgimento della Cdp.
Sul fronte legale le procure – tanto quella milanese quanto quella tarantina – non si fermano. Ieri hanno inviato la Guardia di Finanza negli uffici milanesi del gruppo e nello stabilimento di Taranto. Le indagini puntano a verificare se siamo in presenza di una “crisi pilotata” per eliminare un concorrente scomodo o una volta appurato che l’Italia è un mercato difficile. Si punta a capire se la diminuzione degli ordini sia dovuta a un calo della richiesta o a un loro dirottamento su altre consociate della multinazionale. E a verificare i costi di approvvigionamento di materie intercompany per vedere se sono stati quelli di mercato o più alti.
La Procura di Milano contesta ad Arcelor Mittal diverse ipotesi di reato: false comunicazioni al mercato e il reato previsto dall’articolo 232 della legge fallimentare, ossia la distrazione di beni e risorse senza il concorso del fallito. Nel mirino c’è il magazzino delle materie prime consegnato al gruppo con merce per un valore di 500 milioni di euro e che nel tempo sarebbe stato progressivamente svuotato. Un altro reato contestato dai pm milanesi è l’omessa dichiarazione dei redditi riferito a una società lussemburghese del gruppo. A Taranto i pm ipotizzano reati di distruzione di mezzi di produzione e appropriazione indebita. E sono pronti ad affidare ai carabinieri nuove indagini su operazioni di bonifica, situazione dello stabilimento, attività di manutenzione finora eseguite e sicurezza sul lavoro.
E’ attesa a breve la costituzione nella causa civile tra il gruppo franco-indiano e i commissari dell’ex Ilva – la cui prima udienza è fissata per il 27 novembre – della procura di Milano, del comune di Taranto e della Regione Puglia. I sindacati, infine, hanno rispedito all’azienda l’invito a partecipare a un incontro per venerdì prossimo, ritenendo che mancano i presupposti per il recesso. Mentre i commissari hanno richiamato ancora una volta al rispetto del contratto. Non basta che ArcelorMittal, dopo aver accolto la richiesta di non spegnere gli altiforni, abbia comunicato ai sindacati di aver cominciato a pagare i fornitori.