Il nome del consigliere regionale del Lazio, in quota Movimento 5 Stelle, Davide Barillari, compare più volte nelle carte dell’inchiesta della Procura di Roma, culminata oggi con tre arresti, riguardante una vicenda denunciata dall’imprenditore Cristopher Faroni, membro del cda dell’Istituto Neurotraumatologico Italiano (Ini spa), al quale, un carabiniere in servizio al Nucleo ispettorato del lavoro, avrebbe proposto di assumere come commercialista un suo amico assicurandogli che in questo modo si sarebbe attenuata un’inchiesta che lo vedeva coinvolto.
Il nome del consigliere pentastellato emerge più volte dalle intercettazione telefoniche compiute sull’utenza di uno dei tre arrestati, il sindacalista della Sicel, Andrea Paliani. “Le intercettazioni hanno comprovato – si legge in un passaggio dell’ordinanza firmata dal gip Zsuzsa Mendola – con evidenza l’ulteriore e successiva divulgazione delle notizie apprese da Paliani ad una pluralità di soggetti differenti, tra i quali deve menzionarsi Davide Barillari, lavoratori e appartenenti al sindacato Sicel e i giornalisti di due quotidiani”.
In un’intercettazione lo stesso Paliani “informa Barillari delle notizie poco prima apprese dal maresciallo dei carabinieri in relazione ad alcuni accertamenti bancari svolti dallo stesso militare su ordine della magistratura riguardanti Faroni e il suo gruppo. E lo stesso Paliani riferisce a Barillari di essere intenzionato a richiedere un’ispezione presso alcune cliniche che, a suo dire, risulterebbero sprovviste di determinate certificazioni in maniera tale da poter poi procedere al commissariamento della società. Nella circostanza, pur non lasciandosi sfuggire commenti”, il consigliere regionale “approva il piano tracciato da suo interlocutore”.
Secondo gli inquirenti i tre avrebbero compiuto “atti idonei a indurre Cristopher Faroni, consigliere di amministrazione e socio della società Ini spa, ad assumere il consulente del lavoro, Alessandro Tricarico, come consulente del lavoro all’interno del gruppo Ini, con un compenso di 250 mila euro annui”. I reati contestati, a vario titolo, sono di tentata induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione, violenza privata, e rivelazione o utilizzazione del segreto d’ufficio. Il consigliere Barillari, contattato da La Notizia, non ha voluto commentare limitandosi a dichiarare di non aver ricevuto alcuna comunicazione dalla Procura né di conoscere la vicenda.