Né la posizione dei grillini duri e puri contro il ripristino della protezione legale né la fuga in avanti di Matteo Renzi per reintrodurla aiutano il premier nella trattativa con ArcelorMittal. Come promesso, Italia viva ha presentato al decreto fiscale la sua proposta emendativa sullo scudo penale. Anzi si tratta di due proposte: uno scudo generale che vale per tutte le aziende e uno specifico per l’Ilva, che copre la società dal 3 novembre (data di decadenza del precedente scudo) fino alla fine del risanamento. Una mossa che arriva nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte in un’intervista al Fatto Quotidiano chiarisce che continuare a parlare di scudo “senza impegni da Mittal, è una disquisizione puramente teorica, inutile e anche dannosa”.
Conte – e la sua posizione è condivisa dal Pd – non è contrario al ritorno dello scudo ma non intende concedere alla multinazionale un’apertura di credito in bianco. “Soltanto se Mittal cambiasse idea e venisse a dirci che rispetterà gli impegni previsti dal contratto potremmo valutare una nuova forma di scudo”, dice il presidente del Consiglio. Il ripristino potrebbe arrivare, in tal caso, in un decreto ad hoc su cui mettere la fiducia. A bocciare l’iniziativa di Renzi è LeU: “Presentare emendamenti per reintrodurre lo scudo penale per ArcelorMittal vuol dire indebolire la posizione negoziale del governo”, dice Stefano Fassina.
Diviso il M5S. I parlamentari pugliesi – capitanati dall’ex ministro per il Sud Barbara Lezzi e, in queste ore, legittimati dal capo politico Luigi Di Maio – non vogliono sentir parlare di immunità. Ma diversi esponenti del Movimento sono disponibili a trattare. Lo stesso ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha aperto a una norma a più ampio spettro che si richiami all’articolo 51 del codice penale secondo cui “l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità”. E che non sia valida solo per ArcelorMittal.
Di tutto questo il premier e lo stesso Patuanelli hanno intenzione di parlare con i parlamentari pugliesi. Ma soprattutto con l’azienda. Un nuovo vertice con il gruppo franco-indiano potrebbe tenersi nelle prossime ore. Fra le ipotesi circolate in questi giorni ci sarebbe la disponibilità da parte del governo sulla copertura per una cassa integrazione temporanea per 2.500 lavoratori e uno sconto sul canone di affitto degli stabilimenti. Contro l’ipotesi di una nazionalizzazione tout court, qualora andasse male la trattativa con ArcelorMittal, si schiera il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Un intervento della Cassa depositi e prestiti nell’ex Ilva “è uno strumento che non va escluso”, dice. Ma, mette in guardia il numero uno di via XX Settembre, “l’idea che con una crisi industriale lo Stato nazionalizza, compra e assorbe i costi è una pericolosa illusione”. A non escludere un intervento diretto dello Stato nel dossier dell’ex Ilva è, nel governo, soprattutto LeU. Il dossier dell’ex Ilva entra con forza anche nell’incontro di Conte con la cancelliera a Roma. Il premier cerca la sponda di Angela Merkel sul dossier dell’acciaio: “Ci siamo ripromessi una cooperazione per cercare di confrontarci sulle soluzioni più avanzate dal punto di vista tecnologico e condividere le conoscenze”, dice il presidente del Consiglio.