Riccardo (nome di fantasia) è stata la persona ad avere rapporti sessuali con Rodolfo Fiesoli (nella foto) per più tempo. Dai 14 ai 18 anni, con cadenza quasi settimanale. “Si era noi due soli in camera. Io mi sdraiai sul letto e lui iniziò… a palpeggiare fino a infilare un dito nell’ano.” Questa la prima violenza. Tutto perché, a detta di Fiesoli, “avevo atteggiamenti femminili, quindi ero malato per questo”. La terapia non poteva che essere quella di avere rapporti con il Profeta, secondo un copione che era sempre lo stesso: Fiesoli andava a trovarlo in cooperativa mentre lavorava, lo portava in bagno e chiudeva la porta. “Inizialmente mi chiedeva di leccarglielo, di avere un rapporto orale. E poi da lì iniziava a palpeggiarmi, a infilarmi le dita, e poi anche la penetrazione nell’ano.”
Accadeva a Riccardo, ma succedeva a tutti gli altri. Questo era il Forteto. E lo è stato per decenni, considerando che la comunità-setta è nata nel 1978 e solo nel 2010 è scoppiata un’inchiesta giudiziaria che ha visto Fiesoli passare dall’essere considerato un “profeta” a un mostro abusante. Ora quel calvario è finito. Due giorni fa, dopo una serie di ricorsi e sentenze e un’infinità di udienze è stata posta la parola fine: la Cassazione, rigettando il ricorso di Fiesoli, ha confermato la condanna a 14 anni e 10 mesi per abusi. Vedremo ora su che basi poggia e quanto margine potrà avere il ricorso predisposto dai legali del Profeta alla Corte europea dei diritti dell’uomo, quegli stessi diritti che – a leggere le carte della sentenza e a sentire le testimonianze dei fuoriusciti – Fiesoli ha calpestato, inghiottito e vomitato.
I PUNTI DI DOMANDA. Ma la parola fine, come spiega Sergio Pietracito, il presidente dell’Associazione Nazionale Vittime Forteto, non può essere ancora posto. Per un motivo chiaro: se per 40 anni Fiesoli e compagnia hanno potuto fare quel che hanno fatto ci sono evidenti responsabilità politiche che ora vanno accertate. “In questa vicenda ci sono diverse vittime a cui, per sopraggiunta prescrizione, al processo non è stato riconosciuto alcunché. Abbiamo di fatto una situazione che vede da un lato vittime di serie A e dall’altro vittime di serie Z. E spesso tra le vittime di serie zeta abbiamo persone che hanno subito violenze per molti più anni…”, spiega eloquentemente Pietracito a La Notizia. Una questione su tutte: dopo la sentenza di primo grado alcuni testi vennero indagati per plateali false testimonianze. E parliamo di persone che per anni hanno continuato ad amministrare la cooperative del Forteto (il cui fatturato vale oltre 10 milioni di euro). Ebbene, di quella seconda inchiesta non si è saputo più nulla. A distanza di oltre 5 anni.
PARTITA DA SBLOCCARE. Anche per questo motivo all’inizio di questa legislatura diversi partiti – Forza Italia, FdI, M5S – hanno chiesto in coro l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul Forteto. Nel giro di pochi mesi sia il Senato che la Camera hanno approvato. Era febbraio 2019. Da allora è calato, però, un imbarazzante gelo. C’è da dire che il Governo ha fatto tanto: per volere dell’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede la cooperativa è stata commissariata e la fondazione – il braccio con cui il Forteto riceveva bambini in affido – è stata sciolta. Restano, però, da accertare le responsabilità istituzionali che hanno consentito per decenni alla comunità di vivere e prosperare.
E qui ritorna la necessità di una bicamerale d’inchiesta, tanto che il Movimento cinque stelle ha chiesto “una rapida risoluzione delle trattative per far partire il prima possibile la commissione d’inchiesta parlamentare, di cui siamo orgogliosamente componenti”. Esattamente come chiesto anche da tutti gli altri partiti dell’arco parlamentare. Sta ora a Elisabetta Casellati e Roberto Fico sbloccare la querelle. Secondo quanto risulta a La Notizia, il Pd starebbe spingendo per avere la presidenza della commissione, cosa che mette in allerta gli altri partiti ma soprattutto le vittime, poiché è stato proprio il centrosinistra che, suo malgrado, per anni ha tutelato una comunità spacciandola per il paradiso, quando invece era l’inferno.