da New York | di Massimo Magliaro
Certo, non é Barack Obama il vincitore di questo G8. È assai probabile che lo sia piuttosto Vladimir Putin, il quale ha costretto gli altri membri del club a non andare oltre una linea che, nei fatti, non mette in discussione il regime degli Assad ma casomai mette in discussione, e in modo netto, “terroristi ed estremisti” in armi in Siria.
I primi, i terroristi, sono quelli di Al Nusra, la filiazione siriana di Al Qaeda, da più di un anno infiltrati in modo massiccio tra le fila dei ribelli, i secondi sono i miliziani sciiti di Hezbollah, scesi in campo al fianco dell’Esercito regolare da qualche settimana.
La conferenza
Il comunicato finale auspica una soluzione politica, e quindi non militare, del conflitto, attraverso una seconda Conferenza di pace da tenersi (ma quando? Non più a luglio, forse ad agosto o chissà) che approdi ad una Siria democratica con la partecipazione di tutti i soggetti oggi in campo, e quindi anche di Assad. Il quale, in una tempestiva intervista rilasciata alla “Frankfurter Allgemeine Zeitung” ha immediatamente dato la propria adesione a questo vertice internazionale nella capitale svizzera, mentre i suoi oppositori hanno taciuto. Ma il documento finale individua anche nello smantellamento della filiale siriana di Al Qaeda un passaggio fondamentale per gli sviluppi positivi della situazione.
Il fatto più eclatante é comunque che all’interno del comunicato finale non c’é alcuna menzione di Bashar al-Assad. Il che non é di certo frutto di una improvvisa, generale amnesia.
Argomenti taciuti
Barack Obama era partito da Washington con l’annuncio della no fly zone e della fornitura di armi e soldi ai ribelli non estremisti. Della no fly zone adesso non si parla più. Non é all’ordine del giorno della Nato. E lo stesso Barack Obama ha testualmente detto alla Cnn che questa ipotesi “potrebbe non essere la soluzione”. Delle armi neppure, anche perché c’é il rischio del veto russo all’Onu dopo l’annuncio molto duro, almeno nel linguaggio, del ministro degli Esteri di Mosca, Lavrov. Di soldi invece si é parlato ma soltanto per dare una mano alle iniziative di carattere prettamente umanitario.
Apprezzamento in calo
Mentre era in volo per Belfast il presidente Barack Obama ha certamente letto i risultati dei due ultimi sondaggi che lo riguardano: il primo, realizzato dal “Pew Research Center”, sostiene che solo il 20 per cento degli americani é a favore di un ulteriore coinvolgimento del loro Paese in Siria (il 70 per cento é drasticamente contro l’ipotesi di armi ai ribelli); il secondo, della CNN, dice che il gradimento del presidente scende di otto punti e che scende anche l’idea che egli sia un leader credibile. A pochi mesi dalla trionfale rielezione alla Casa Bianca non é certamente un buon risultato.
Certo, il “Washington Times” ha esagerato parlando di una nuova “guerra fredda” tra Usa e Russia, anche se é vero che i rapporti fra i due giganti sono oggi ad un livello assai basso.
Prossimi incontri
Ma il prossimo settembre Obama e Putin si rivedranno, forse a Mosca, per riprendere le fila migliori delle loro complesse relazioni. Insieme dovranno concertare le risposte da dare alla permanente aggressività economico-finanziaria della Cina ed anche ai cyber attacchi di Pechino che non risparmiano davvero nessuno, aziende e istituzioni. Ci sarà poi da gestire il caso-Corea del nord ed anche tutte le tematiche sociali ed economiche che nel mondo globalizzato sono sempre più comuni a tutti. Insomma dal G8 si passerà, magari senza dirlo, al G2.