Maxi risarcimento in favore della Lega stabilito dal Tribunale di Milano: l’avvocato Matteo Brigandì, in passato storico legale della Lega e dell’ex leader Umberto Bossi, deve restituire al Carroccio oltre un milione e 870mila euro. Brigandì, che è stato anche assessore regionale, parlamentare della Lega per tre legislature e componente laico del Consiglio superiore della magistratura sempre in quota Lega, è stato condannato per patrocinio infedele e autoriciclaggio a due anni e due mesi più 6mila euro di multa nel processo scaturito dall’inchiesta del pm Paolo Filippini.
Il giudice della Decima Sezione Penale ha riconosciuto l’avvocato Brigandì colpevole di entrambi i reati e ha stabilito che il danno alla Lega dovrà essere quantificato in sede civile, ma intanto ha riconosciuto al Carroccio una provvisionale immediatamente esecutiva, a carico dell’ex parlamentare della Lega Nord, di oltre 1,87 milioni. Disposta anche la confisca di beni per 1,67 milioni e il sequestro conservativo, come richiesto dalla difesa della Lega, di beni mobili e immobili di Brigandì fino ad arrivare al totale contestato. Il Tribunale in passato aveva anche disposto un sequestro preventivo, ai fini della confisca, a carico dell’ex avvocato della Lega. Il sequestro, però, aveva riguardato solo un immobile in Piemonte.
IL CASO. Come evidenziato nei capi di imputazione, l’ex parlamentare, in qualità di legale del partito di via Bellerio si sarebbe reso “infedele ai suoi doveri professionali” omettendo di denunciare il proprio conflitto di interessi, in relazione a un decreto ingiuntivo emesso nel 2004 ed eseguito nel 2012, richiesto da lui stesso per avere appunto quasi 1 milione e novecento mila euro di compensi per la sua attività professionale svolta per la Lega Nord. Viene contestato inoltre l’autoriciclaggio perché avrebbe prima investito quei soldi sottoscrivendo una polizza vita e poi avrebbe disposto un disinvestimento trasferendo 1,67 milioni su un conto di una banca in Tunisia. E per questo la Procura diversi mesi fa aveva anche attivato una rogatoria internazionale per arrivare a bloccare quei soldi.
Nella requisitoria il pubblico ministero aveva parlato di una strategia chiara da parte dell’imputato. Il suo intento era quello di precostituirsi una sorta di “tfr” non formalizzato per la sua uscita dal partito, appropriandosi in pratica di quasi 2 milioni di euro. E aveva anche evidenziato il “suo iperbolico conflitto di interesse, perché da difensore ha difeso se stesso e ha fatto causa all’ente di cui era, allo stesso tempo, procuratore legale”. Soddisfatto dell’esito del processo l’avvocato Domenico Aiello, difensore della Lega (incaricato dall’ex governatore Roberto Maroni, all’epoca dei fatti anche segretario federale del Carroccio): “Bisogna ora iniziare a comprendere – ha commentato il legale – l’ampiezza e la natura dei danni causati dalle condotte di infedeltà commesse da Brigandì. Danni enormi che ritengo irreversibili”. Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra trenta giorni.