Ormai non lo si può più negare, al Viminale c’è stata una rivoluzione. Qualcuno proverà a dire che non è così, qualcun altro sosterrà addirittura che era meglio ai tempi di Matteo Salvini, ma la verità è che con il ministro Luciana Lamorgese il cambio di passo c’è stato e lo si può vedere nelle attività più comuni. Come quelle di stretta competenza di un ministro dell’Interno, le stesse che il Capitano spesso procrastinava a data da destinarsi, e che invece vengono affrontate di petto dall’ex prefetto di Milano. Può sembrare un’affermazione forte ma a dircelo è stato il presidente della commissione antimafia, Nicola Morra, che non più tardi di 24 ore fa ha spiegato che “La presenza della ministra in commissione Antimafia ha riparato il grave vulnus creato dal suo predecessore che ha ignorato completamente l’importanza del contrasto alle mafie”.
Insomma in relazione al contrasto alle mafie, dopo poco più di 2 mesi, il ministro scelto dal premier Giuseppe Conte ha fatto più di Salvini in 14 mesi. Non meno importanti sono stati i contenuti espressi durante l’audizione del vertice del Viminale che ieri, tra le altre cose, ha detto che entro fine anno i decreti sicurezza approvati dal suo predecessore saranno modificati. Non solo, secondo Morra ha consegnato “un quadro ampio e dettagliato delle criticità e dei risultati ottenuti”.
Lo stesso presidente della commissione, il quale aveva manifestato più volte – e sempre vanamente – l’intenzione di sentire l’allora ministro Salvini, si è detto felice di “avvertire non solo competenza, ma anche una forte centralità della lotta alle mafie da parte del ministro Lamorgese è un segno confortante” tanto più che “in Italia, e non solo recentemente, il mainstream pretende che i problemi fondamentali siano sempre altri, dimenticandosi di quanto la società reale soffra per l’azione dei mafiosi e la loro infiltrazione nell’economia”. Forse qualcuno si starà chiedendo cos’ha detto di tanto importante il ministro Lamorgese.
LA SITUAZIONE ITALIANA. Ebbene ha raccontato proprio quello che le si chiedeva, senza slogan o boutade. Con chiarezza ha precisato che “il contrasto alle organizzazioni criminali mafiose” resta una “priorità del governo” che sta reagendo a dati e analisi in cui si afferma che le mafie “hanno fatto registrare ampie trasformazioni” a partire da una strategia “a bassa visibilità” con cui “entrare nel tessuto economico in maniera silenziosa e affabile”. Un occhio di riguardo, spiega il capo del Viminale, deve essere tenuto fisso “sull’attività investigativa che deve mettere in luce i collegamenti tra la criminalità italiana e quella straniera”.
Analizzando la realtà del nostro Paese ha poi spiegato che, in questo momento, l’organizzazione “più pericolosa in Italia” è la ‘ndrangheta mentre “Cosa nostra rimane tutt’ora un’organizzazione pervasiva, dinamica e pericolosa, seppure ridimensionata nei numeri a seguito dei due colpi inferti dallo Stato che ha assicurato alla giustizia gran parte dei suoi esponenti di spicco, nonché dagli importanti provvedimenti di confisca e sequestro di beni” che ne hanno minato il potere. Nella sua audizione, il ministro ha poi spiegato che sono “in aumento gli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, un fenomeno particolarmente allarmante” che “condiziona la libera autodeterminazione di coloro che sono chiamati a ricoprire un ruolo pubblico” e perché “diffonde nelle comunità sentimenti di rassegnazione e sfiducia”.