di Massimiliano Lenzi
Metti una giornata di giugno il critico d’arte Vittorio Sgarbi, a La Spezia, di passaggio per commemorare Amedeo Lia (da cui il prezioso museo omonimo della città ligure), collezionista leccese trasferitosi in Riviera, raccoglitore di Simone Martini e Duccio di Boninsegna. “Sono andato a La Spezia – dice Sgarbi a “La Notizia” – perché negli anni ‘80 frequentavo un collezionista leccese, Amedeo Lia, morto a 100 anni. Nel percorso dall’Accademia al museo cittadino mi son trovato attorniato da persone che lamentavano le modifiche di Piazza Verdi. Mi dicevano: ‘Ha visto che scempio…’”. Accade così che Sgarbi si fa carico della protesta, viene intervistato dalla televisione di Beppe Grillo e raccoglie il consenso di Dario Vergassola, comico indigeno contrario alle modifiche – seppur a firma di Daniel Buren – previste per la piazza. “Non ho nulla contro Buren – spiega Vergassola – ma ahime il progetto cambia, rispetto all’estetica delle cose, e il rifacimento richiederà almeno 50mila euro all’anno di mantenimento. L’ultima piazza rifatta a Spezia è stata piazza del mercato. Doveva avere una serie di innovazioni da mantenere che poi non sono state mantenute. Perché poi chi vive a La Spezia sa che quella piazza è l’unica fotografia di come era la città”.
Esposto per scempio ambientale
Sgarbi, appena venuto a conoscenza del progetto ha fatto due cose. La prima, un esposto alla magistratura per danno alla forma urbis e per scempio ambientale. “Un esposto già depositato”, precisa il critico d’arte. Come seconda cosa ha chiamato Massimo Bray, il ministro dei Beni culturali, che gli ha subito replicato: “Aspetta che mi informo subito”. Il controllo attivato dal Ministero ha portato a un botta e risposta tra il sindaco Pd della città, Massimo Federici, e il ministro Pd del Governo. “Vorrei dirle brevemente del mio sconforto, del mio sconcerto e del mio scontento – si legge in una lettera inviata dal primo cittadino al ministro – Credo di meritare rispetto almeno per il mio ruolo”. Immediata la replica: “Gli uffici del Mibac (ministero dei Beni artistici e culturali), cui avevo chiesto di conoscere la situazione del cantiere di piazza Verdi, mi hanno comunicato che ci sarebbe stata una sospensione per valutare il problema. Sono disponibile a incontrarla per confrontare le nostre posizioni insieme con la Soprintendenza e la Direzione regionale”. In effetti, la Soprintendenza per i Beni culturali della Regione Liguria, con una lettera al Comune, ha invitato Federici ad “attivare la necessaria procedura di verifica sui beni storici della piazza. Pertanto, si invita a non procedere etc.”.
I lavori non si fermano
E però il sindaco ha deciso di non fermarsi, dunque i lavori pare andranno avanti: “Vogliamo una piazza Verdi più bella e accogliente – ha detto – I lavori dunque partiranno secondo i programmi. Con i miei concittadini, all’incirca un anno fa, ho preso l’impegno di portare avanti un disegno di trasformazione per cui ho ricevuto la loro fiducia. Non voglio tradirla. Voglio agire con coraggio anche quando la reazione al cambiamento si fa aspra”. Un proposito che però fa i conti con la necessità della collaborazione istituzionale: “Da questa mattina – spiega il sindaco – i nostri uffici stanno lavorando assieme a quelli della soprintendenza ligure e del Ministero, ma ripeto: abbiamo tutte le autorizzazioni per andare avanti”.
Il presidio dei manifestanti
Intanto piazza Verdi, pure dopo l’annuncio della sospensione dei lavori, rimane presidiata da gruppetti di manifestanti, mentre gli operai, che avrebbero dovuto procedere al taglio dei pini della piazza, hanno abbandonato il cantiere. E Sgarbi, che si dice pronto ad un confronto pubblico in città, confortato dal consenso di molti, dice: “Prendo atto con soddisfazione della grande sensibilità dimostrata dal Ministro e dal Prefetto della Spezia. Spero adesso che anche il sindaco prenda consapevolezza delle nostre obiezioni al progetto. Il progetto costituisce uno sfregio alla forma urbis trasformando surrettiziamente una strada, pur larga, a quattro corsie, in una piazza. Il pubblico amministratore non può essere responsabile di un intervento arbitrario e devastante”. Staremo a vedere come andrà a finire.
Proteggere il bello, un dovere civico
Al via la campagna della Notizia
contro le mostruosità
W il bello e abbasso il brutto. L’arte è tanto grande e la politica così breve che conservare il bello, proteggerlo quotidianamente, in un Paese come il nostro dovrebbe essere il primo punto di ogni programma di Governo, nazionale, regionale e locale in fondo fa poca differenza. A L’Aquila, alcuni anni fa, un terremoto ha devastato una delle più belle città del nostro Paese. E del mondo. Fontane, chiese, tutto sembra essersi sfarinato sotto la violenza della natura. Eppure in quel disastro tragico si ritrova, a distanza di tempo, la consapevolezza della bellezza da rimettere in piedi, perduta. Ma non per sempre: come era e dov’era, così dovrebbe rinascere L’Aquila. Perché l’Italia poggia una parte vitale, maggioritaria della propria economia sul turismo dell’arte, su quei fiumi di persone che affollano i nostri musei e le nostre città, segno di accesso democratico (a volte previo pagamento di biglietto) alle cose belle. Arte che non sempre verrà capita da chi la guarda ma viene comunque visitata. Il Colosseo, i Fori, Venezia, il Rinascimento, Firenze, il Barocco, piazze mozzafiato e chiese arrampicate ovunque, anche nei centri più piccoli e inattesi. Ed allora se proteggere il bello è un dovere nazionale prima ancora che un diritto, perché non chiamare alla mobilitazione gli italiani? Come?
Il brutto vive grazie al silenzio
Lanciando una campagna contro il brutto. Comune per comune, regione per regione. Dal Carso a Pantelleria, da nord a sud passando per le isole, i lettori che si imbattessero in scempi o mostri cresciuti nel nostro Belpaese, magari al posto o accanto a monumenti storici, ce li segnalino, inviando fotografie e scrivendo al giornale. Ci segnalino anche quando ritengono di venire a sapere di possibili scempi futuri, pensati e magari progettati ma non ancora attuati. Noi verificheremo le notizie e scriveremo, consapevoli che il brutto vive e vegeta grazie al silenzio e che dovere di un quotidiano è non girarsi mai dall’altra parte. Scriveva il vecchio Leo Longanesi, a proposito dello zelo di molti a sentirsi artisti (senza esserlo), che “l’arte è un appello al quali molti rispondono senza essere stati chiamati”. Aiutiamoli dunque a non rispondere più (quelli che artisti non lo sono) a questa chiamata, per evitare che le loro risposte si esercitino magari sulle nostre città. L’arte nei secoli ci ha dato molto, e l’Italia ha dato molto – in termini di bellezza – alla cultura e al mondo. Non farci togliere tutto questo è un nostro diritto ma soprattutto un nostro dovere.