Quasi vent’anni di tentativi andati a vuoto. Di proposte finite sul binario morto, chiuse nei cassetti impolverati delle commissioni parlamentari. Oggi a Palazzo Madama, dove riprenderà l’esame del disegno di legge di Primo Di Nicola (M5S) sulle liti temerarie, si vedrà se la storia è destinata a cambiare. Il testo all’esame della commissione Giustizia, se approvato, potrebbe scoraggiare i professionisti delle cause, spesso milionarie, intentate contro i giornalisti a scopo meramente intimidatorio. Un intervento che la politica ha finora solo promesso senza arrivare mai al traguardo. Ora, col ddl Di Nicola, le cose potrebbero andare diversamente. Ma resta un problema.
CONFRONTO APERTO. Una questione che si è posta la settimana scorsa, quando la commissione che avrebbe dovuto licenziare il disegno di legge per l’Aula del Senato, è stata aggiornata ad oggi. E tutto a causa di alcune criticità che sarebbero state evidenziate dal sottosegretario, Vittorio Ferraresi, e che hanno sollevato polemiche tra i senatori M5S. Il ddl Di Nicola prevede, qualora risulti “la mala fede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno”, che il giudice, “con la sentenza che rigetta la domanda”, condanni l’attore, oltre che alle spese, “al pagamento a favore del richiedente di una somma, determinata in via equitativa, non inferiore alla metà della somma oggetto della domanda risarcitoria”.
I dubbi di Via Arenula, su cui si è aperto un vero e proprio giallo, riguarderebbero proprio il quantum: l’articolo 96 del codice di procedura civile, che contempla l’ipotesi di responsabilità nei casi di abusivo ricorso al processo, prevede la possibilità per il giudice di condannare, oltre alle spese, la parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata. Senza fissare, quindi, un tetto minimo del risarcimento come fa, invece, il ddl Di Nicola. Secondo: la norma al vaglio del Senato, applicandosi ad una sola categoria di cittadini – i giornalisti – potrebbe violare il principio di eguaglianza fissato dalla Costituzione.
La settimana scorsa, il relatore M5S del ddl, Arnaldo Lomuti, aveva proposto di apportare una modifica al testo Di Nicola, fissando l’eventuale risarcimento per lite temeraria fino al massimo dell’ammontare richiesto dall’attore. Lasciando al giudice la quantificazione senza prevedere un tetto minimo per legge. Ipotesi, però, alla quale si è opposto l’ex presidente del Senato, Piero Grasso: in assenza di un parametro minimo – è stata la sua obiezione – il risarcimento potrebbe essere anche zero, vanificando la funzione deterrente della riforma.
Come se ne esce? “Va contemperato il diritto di adire le vie legali da parte di chi si sente diffamato e quello dei giornalisti di svolgere il proprio lavoro serenamente – spiega a La Notizia il relatore Lomuti -. Si è aperta una discussione con le altre forze politiche di maggioranza per trovare una soluzione. La mediazione potrebbe essere quella di fissare il risarcimento da un minimo di un terzo a un massimo della somma richiesta dall’attore”. Ma che ne pensa Di Nicola? “Non so nemmeno di cosa stiamo parlando. Di certo, il mio ddl non si tocca”.