“La discussione sulla manovra si sposta in Parlamento e qui si potrà migliorare ancora”. Matteo Renzi pronuncia quello che più che come un auspicio suona come una minaccia. L’intesa di massima che è stata trovata su alcuni punti contestati – dall’abbassamento del tetto all’uso del contante e le multe per quanti non consentano di pagare col Pos al carcere per i grandi evasori – dovrà reggere nel passaggio alle Camere. Senza considerare l’intesa sulle partite Iva, su cui si sta ancora ragionando. Il tutto mentre il governo prepara la risposta ai rilievi mossi sulla manovra attesa da Bruxelles.
Nulla di grave, si affretta a chiarire il Mef. “Un’interlocuzione doverosa alla quale non ci sottrarremo”, dice il premier Giuseppe Conte. Sotto la lente dell’Europa finiscono il target di riduzione del debito e il peggioramento del deficit strutturale. Laddove il governo nutre, invece, più di una perplessità è sulla lealtà di alcuni alleati. Il premier vive come una spina nel fianco la creatura renziana. Che non solo non molla la presa sulla Finanziaria ma rischia di piantare grane anche su altri fronti. Primo tra tutti la giustizia. Già nella manovra si è avuto un primo assaggio.
Per quello che riguarda il carcere ai grandi evasori si è registrata la contrarietà soprattutto dei renziani a introdurre norme penali attraverso un decreto. Alla fine l’hanno spuntata i Cinque Stelle. Sulla riforma della giustizia il testo da cui si parte è quello del ministro Alfonso Bonafede. Se le posizioni di dem e M5S sono ancora distanti, tra pentastellati e renziani, che sulla giustizia sembrano parlare un linguaggio molto più vicino a quello del centrodestra, le divergenze si aggravano. Lo scoglio principale resta lo stop alla prescrizione dopo il primo grado, che entrerà in vigore il primo gennaio 2020. E sul quale i grillini non intendono cedere. I dem insistono perché si accompagni a una riforma sulla durata dei processi. Lucia Annibali di Italia viva propone il rinvio secco di un anno. Dal fronte della maggioranza lo appoggia Pietro Grasso.
Non ci sarà nessuna apocalisse a gennaio con l’entrata in vigore della riforma, sottolinea il documento inviato al ministro per conto di LeU, perché gli effetti si avvertiranno tra 4-5 anni. C’è tutto il tempo per riformare il processo. Altro capitolo le intercettazioni. Il milleproroghe del governo gialloverde ha bloccato l’entrata in vigore della norma dell’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il M5S l’ha spiegato così: era una norma liberticida, una legge-bavaglio, voluta da un Pd in crisi per via del caso Consip. Riscriverla, ora, non sarà impresa da poco. Le distanze tra i renziani e i grillini si sono manifestate già sul caso di Diego Sozzani quando la Camera ha bocciato, per colpa di 46 franchi tiratori tra le fila del Pd e di Italia Viva, la richiesta degli arresti domiciliari nei confronti del deputato FI indagato per corruzione. Matteo Renzi si è spinto a difendere perfino Silvio Berlusconi, sostenendo che a Firenze hanno indagato senza prove.